Susine a 3 centesimi al chilo: agricoltore esasperato taglia metà del suo frutteto

Sabato 8 Ottobre 2022 di Elisa Barion
Raffaello Mantovani con i figli
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ROVIGO - Una resa dal sapore amaro della rassegnazione. E’ un gesto destinato a far discutere ma, soprattutto, riflettere quello compiuto da un imprenditore agricolo polesano, Raffaello Mantovani dedito alla coltivazione delle susine, pagate quest’anno, all’agricoltore tre centesimi al chilo. Così, amareggiato, l’imprenditore ha deciso di gettare la spugna dopo decenni di coltivazione del frutto e ha tagliato tutte le piante di prugne precoci a Villanova del Ghebbo: tre ettari su sei. Per ora solo metà. Ma il resto, l’anno prossimo, potrebbe seguire lo stesso destino.

L’AMAREZZA

«È finita un’epoca per la susina – dice Mantovani che fa parte dei frutticoltori di Confagricoltura Rovigo, terza generazione di agricoltori dopo il nonno e il papà - Il Polesine è stato un albero da frutta molto diffuso per decenni, con ottimi risultati di resa e di qualità. Poi c’era stato un periodo in cui era stato sostituito dal pero e dal melo, che sembravano avere più presa sul mercato. Dieci anni fa, invece, le prugne erano tornate di moda e quindi la coltivazione stava riconquistando terreno. Invece adesso la mazzata: tra la concorrenza dei Paesi stranieri, la siccità e la crisi economica innescata dal conflitto russo-ucraino, la nostra frutta non la compra più nessuno. La gente acquista il pane, la carne, i formaggi, ma il resto viene considerato un di più». Crisi dei consumi, dunque, ma anche importazioni di frutta straniera, che viene preferita dalla grande distribuzione perché costa meno. Soprattutto in tempi di rincari energetici. «Per le varietà precoci, come la susina Prime Time, mi avevano offerto tre centesimi al chilo. Così le ho lasciate tutte sull’albero. Del resto, alla cooperativa, tra costo trasporto, celle frigorifero, lavorazione, imballaggi e trasporto ai supermercati, la susina costa 48-50 centesimi al chilo. La grande distribuzione non le paga più di 52, che è il prezzo con cui compra quelle della Spagna. E i conti sono presto fatti».


UNO SPIRAGLIO

Qualche spiraglio di speranza c’è per la varietà tardiva Angeleno: «È una susina che in frigo può durare parecchio, anche fino a gennaio. Perciò ne ho raccolte metà, con la speranza che per le feste natalizie qualcuno le comperi. Ma i distributori mi hanno detto di non farmi troppe illusioni, perché il mercato adesso chiede le susine extra large a pasta gialla che arrivano dall’estero, molto meno buone delle nostre ma più grandi». Di qui la decisione di tagliare metà delle piante, sostituendole con noccioli. «Ho già alcuni ettari di coltivazione – conclude l’imprenditore - ma voglio aumentarli perché l’industria dolciaria sta puntando sulle nocciole made in Italy dato che quelle che arrivano da Turchia e Algeria sono piuttosto scadenti. L’Italia produce solo il 30% rispetto al fabbisogno. C’è, quindi, spazio per crescere».
 

Ultimo aggiornamento: 16:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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