Medici in fuga dall'Ulss Polesana, i sindacati lanciano l'allarme

Sabato 23 Luglio 2022
L'ospedale di Rovigo

ROVIGO - «Non possiamo più assistere che, al superamento dei limiti di tenuta professionale e di salute degli stessi medici, l’unica scelta diventi la fuga, cosa che già sta drammaticamente avvenendo come i 12 medici fuoriusciti negli ultimi mesi». Parole che preoccupano, visto che a parlare di una situazione di estrema difficoltà da portare ad un esodo sono i camici bianchi dell'Ulss Polesana, attraverso una nota sottoscritta da tutti i rappresentanti della galassia sindacale del settore: Davide Benazzo per la Fp Cgil Medici, Gabriele Braggion per la Cimo – Fesmed, Piero Di Pasquale per l'Aaroi Emac, Nicoletta Santipolo per Anaao Assomed, Cristiano Pavarin per la Uil Fpl e Giorgio Nichetti per la Fassid. «Da molto tempo – spiegano - come medici dell'Ulss Polesana stiamo lanciando l’allarme dei servizi che, per la carenza di professionisti, rischiano la chiusura. Il permanere dell’emergenza Covid, che non vede fine, sta aggravando oltre misura una situazione che purtroppo ha esaurito i professionisti presenti».

Anche perché, aggiungono, oltre alle difficoltà derivanti dalle nuove riorganizzazioni, ci sono anche le “marce forzate” per smaltire le prestazioni che erano state sospese o differite: «C’è l’importante mole di lavoro aggiuntivo per il recupero delle prestazioni che si sono accumulate nei momenti di interruzione. La Delibera del direttore generale 333 del 2022 sul Piano Operativo Aziendale prevede il recupero di 1.610 interventi chirurgici, 14.430 prestazioni di specialistica ambulatoriale, 1.000 di specialistica ambulatoriale chirurgica e 9.677 legate allo screening». I rappresentanti dei medici sottolineano quindi come «il nostro appello diventa un grido di aiuto per la stessa sopravvivenza dei servizi sanitari del Polesine ed è rivolto a tutti, dalla Regione del Veneto, alle istituzioni locali, alla Conferenza dei sindaci, e soprattutto ai cittadini. Le difficoltà che stanno vivendo, in tutta Italia le Unità di Pronto Soccorso, testimoniano come, al di là dei problemi causati dalla pandemia, la situazione che sta attraversando la Sanità pubblica sia grave e richieda misure straordinarie e immediate. Riteniamo che ormai non siano più rinviabili scelte e strategie che vadano oltre quello che fino ad oggi è stato fatto ed attivato. È necessario che la situazione sia affrontata in modo strutturale, coordinata e concertata, attraverso un vero coinvolgimento, e non solo di facciata, dei dirigenti medici che i servizi li devono poi rendere operativi e far vivere ogni giorno. Ne va della stessa qualità e efficienza del servizio sanitario del Polesine, un bene prezioso che non può essere dissipato. Diventa perciò necessario creare le condizioni di attrattività professionale, culturale e lavorativa per i medici. La nostra Ulss diventi importante punto di riferimento per i giovani medici, diversamente il declino è inevitabile» Fra i vari problemi, anche quelli imposti dalla nuova ondata Covid, che ha visto risalire i ricoveri, sia di pazienti Covid, sia di positivi nei reparti ordinari: «Dal 15 luglio – si sottolinea nella nota sindacale - sono state attivate le seguenti degenze Covid: 26 posti letto a Trecenta (10 di Semintensiva pneumologica, 10 per acuti e 6 di Ospedale di Comunità e 3 posti letto di Terapia intensiva Covid); 35 posti letto all'Ospedale di Rovigo (10 in Malattie infettive, uno in Rianimazione, uno in Utic, 4 in Psichiatria, 4 in Ostetricia, 2 in Pediatria e 13 per acuti Covid al 7° piano del Corpo M1); 16 all'Ospedale di Adria, presso l’Ortopedia.. Frequentemente si vedono scelte organizzative che impongono spostamenti dei professionisti tra Ospedali, come ora avviene presso l’Ospedale di Adria, dove, per una situazione di difficoltà nell’area medica che dura da anni ma che ora è chiaramente ingestibile, si spostano professionisti del dipartimento medico di Rovigo a copertura dei turni con i disagi e rischi professionali che ne conseguono.

Tutto questo, oltre alla gestione “normale” dei servizi, sta creando una situazione dove gli stessi Lea (i Livelli essenziali di assistenza) sono messi a rischio dall’impossibilità oggettiva di coprire i servizi».

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