ROVIGO - Il Polesine si conferma fra le province che, almeno inizialmente, hanno subito i minori contraccolpi economici della pandemia. La spiegazione sembra essere dovuta anche al fatto che il tessuto economico locale è molto meno ricco rispetto a tante realtà, non solo del Nord. Questo quanto sembra emergere da un'analisi del Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere sulle stime 2021 del reddito disponibile delle famiglie consumatrici, valore dato dalla somma dei redditi da lavoro, da capitale e impresa, da prestazioni sociali e trasferimenti, al netto di imposte e contributi. Nella classifica delle province in base alla variazione del reddito disponibile delle famiglie fra 2019 e 2021, cioè fra ante Covid e dopo Covid, Rovigo si piazza infatti al 38. posto, praticamente nel primo terzo della graduatoria, grazie a un incremento registrato pari al 2,1%.
LA GRADUATORIA
Per una volta, dunque, il Polesine sembra essere nella parte buona della classifica, che vede in testa Rieti con più 9,8%, Latina con più 9%, Caserta con più 7,9%, Viterbo con più 7,5% e Grosseto con più 7,4%. L'unica provincia veneta a fare meglio di Rovigo è Vicenza, 34. con più 2,7%, anche se tutte, tranne Venezia che è proprio in fondo alla graduatoria, sono in terreno positivo. L'esultanza, però, si strozza in gola quando si vanno a guardare gli importi in valore assoluto. Perché, sostanzialmente, la crescita di Rovigo va rapportata al fatto che il reddito disponibile pro capite delle famiglie consumatrici era particolarmente basso e fra 2019 e 2021, è passato da 16.169 euro a 16.706 euro. E se quegli oltre 500 euro in più fanno sempre comodo, guardando al resto del Paese il sorriso si smorza perché si può notare come il valore medio a livello nazionale sia passato da 19.267 a 19.761 euro. I 500 euro in più sono in realtà 3.055 in meno. Fatto cento il reddito medio, a Rovigo è 84,5. Sostanzialmente, oltre il 15% in meno. E nella classifica in base al reddito del 2021, dunque, la situazione si capovolge, con il 68. posto, che vede nuovamente Rovigo ultima del Veneto. Lo stesso del 2019, perché a conti fatti quell'aumento di 500 euro non ha cambiato di molto le cose.
IL LATO NEGATIVO
L'incremento fra 2019 e 2021 è quindi certamente positivo e positivo è anche il fatto che sia maggiore rispetto a realtà in qualche modo analoghe, ma conforta meno che il valore continui a rimanere basso pur essendo in qualche modo su linee di tendenza simili a quelle di realtà con demografia simile. Nell'analisi del Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere si sottolinea, infatti, come «a fronte di una dinamica di crescita del reddito disponibile dell'1,5%, le province di minor dimensione demografica, circa un quarto del totale, aventi meno di 231mila abitanti, fanno registrare un incremento solo dello 0,9%, laddove il reddito pro capite di queste aree è già più basso dell'11,4% rispetto al valore medio italiano, 17.499 euro contro 19.761 euro. Per contro, nelle province più grandi e nelle aree metropolitane la crescita del reddito disponibile è stata tra il 2019 e il 2021 dell'1,6% e il livello pro capite è superiore di 6,7 punti rispetto alla media Italia».