Crisi Iras sempre più nera: vendere le proprietà per salvare la casa di riposo

Mercoledì 16 Febbraio 2022 di Elisa Barion
Protesta dei dipendenti Iras davanti alla Prefettura

ROVIGO - Mentre è partito il conto alla rovescia per il giorno della verità, quello in cui l’amministrazione comunale e il commissario dell’Iras Ezio Zanon affronteranno, nel consiglio comunale di domani, i nodi che riguardano i debiti su Casa serena che stanno facendo affondare l’ente, il sindaco Edoardo Gaffeo ribadisce la propria posizione nella complicata vicenda del salvataggio della casa di riposo, con oltre 200 dipendenti diretti, 80 dei quali precari, e poco meno di 300 ospiti, sulla quale gravano debiti milionari. Solo quelli con le banche sono circa 4,5 milioni. Proprio le banche che hanno fatto precipitare la situazione arrivando a chiedere lo scioglimento dei contratti di mutuo in essere.
Per il primo cittadino, che nei giorni scorsi ha accennato di aver messo sul tavolo una possibile soluzione senza illustrarne i dettagli, sembra che la soluzione da mettere in atto passi anche per la vendita di qualche proprietà immobiliare dell’ente stesso. Non lo dice esplicitamente, ma la lettura che si può dare alle sue parole va in questa direzione. «Non sono io che stampo denaro, non sono io che faccio le norme di diritto contabile e soprattutto, come sindaco, legale rappresentante del Comune di Rovigo, non gestisco soldi miei, ma di tutti i cittadini e ho quindi il dovere di garantire che vengano spesi, fino all’ultimo centesimo, secondo le norme».
Il problema, però, è che l’Iras ha bisogno di soldi vista la situazione debitoria in cui versa: «L’Iras è un ente in pareggio se si considera la sola gestione caratteristica - rimarca Gaffeo - il problema sono i debiti e gli oneri legati all’esposizione debitoria. In questo casi ci sono due possibilità: o qualcuno ti dà dei soldi, oppure vendi qualcosa di tuo».

VENDERE PATRIMONIO

È in quest’ultima affermazione che si fa largo l’ipotesi che la proposta per salvare Casa serena passi per l’alienazione di una qualche proprietà immobiliare. Ipotesi che, tra l’altro, in passato era già stata considerata, ma dopo varie valutazioni, scartata. Anche perché non risolutiva. Fra le poste non essenziali all’attività dell’ente, per esempio, la palazzina affittata ad As2, con un contratto “generoso”, che una volta alienata impoverirebbe doppiamente l’ente. Per il sindaco è fuori dai giochi anche l’ipotesi che nel percorso di salvataggio possa entrare in scena l’Ater, ente regionale che gestisce l’edilizia residenziale pubblica, che ormai svariati anni fa, in un accordo trasversale che vedeva insieme tutti i protagonisti della vicenda, dalla Regione al Comune, si era detta disponibile ad acquistare una porzione di Casa serena per un progetto di social housing. E non è che il progetto sia tramontato, ma i soldi che eventualmente Ater potrebbe rendere disponibili, e si parla di almeno un paio di milioni, non andrebbero nel bilancio dell’Iras, ma in quello del Comune.
«L’Ater - puntualizza Gaffeo - non ha motivo di essere oggetto di discussione in questa fase, perché non può fornire soluzioni per l’Iras. Nel senso che se il Comune chiude un accordo con l’Ater, comunque non arriverebbero soldi nelle casse dell’ Iras perché andrebbero al Comune».

LA FIDUCIA


Gaffeo mostra, comunque, un cauto ottimismo sull’esito delle trattative in corso. «Da parte delle banche non c’è l’interesse a “uccidere il paziente”. Hanno fatto delle azioni per dare un segnale, ma è interesse di tutte le parti in gioco sedersi a un tavolo e continuare il dialogo. Perché la soluzione non può essere la messa in liquidazione dell’ente».
L’uscita dalla situazione di stallo, però, è legata alle decisioni che in ultima istanza, prenderà o deciderà di non prendere il Comune. Gaffeo è tranchant: «Credo di aver fatto le cose secondo scienza e coscienza, non ho remore. So cosa si poteva fare e non è stato fatto e che cosa si può fare adesso. Poi ci sarà un momento, a bocce ferme, anche per capire che responsabilità politiche ci siano state in passato».
Il problema, però, è oggi. E non per le banche, ma per le famiglie degli ospiti e per i lavoratori che hanno paura per il proprio futuro e che si aspetterebbero una risposta dalla politica. Almeno 500 famiglie che guardano con ansia a questa partita che si gioca sulla loro pelle.
 

Ultimo aggiornamento: 17 Febbraio, 11:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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