Quanto costa farsi eleggere
in Regione? Chi ha speso di più

Mercoledì 15 Giugno 2016 di Alda Vanzan
Brusco, Conte; Semenzato, Ferrari
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Quanto costa farsi eleggere in consiglio regionale del Veneto? La risposta esatta è: dipende. Dipende dalla concorrenza tra candidati nel singolo collegio provinciale, dalla ripartizione dei voti tra le varie liste, anche da un pizzico di fortuna. Diciamo, però, che con 6 euro a voto ce la si può fare. Certo, c’è chi ha speso meno. E chi ha speso molto ma molto di più. Dunque, un anno dopo le elezioni regionali, proviamo a fare i conti in tasca ai 51 consiglieri regionali eletti a Palazzo Ferro Fini.

Il "vangelo" in questo caso è rappresentato dai rendiconti elettorali presentati dai consiglieri eletti. Tutta la documentazione è stata pubblicata ieri sul supplemento numero 57 del Bur, il Bollettino della Regione Veneto, e lì, da Azzalin Graziano a Zottis Francesca si trovano le spese, le entrate, le uscite e, quando ci sono, anche i nomi dei finanziatori. Quello che nel Bur non c’è e che invece si può vedere nella tabella pubblicata a lato è quanto è costato al singolo consigliere ciascuno dei voti presi per farsi eleggere. Per fare questo calcolo serve il numero di preferenze ottenute alle elezioni del 31 maggio 2015, dati facilmente reperibili nel sito dell’Osservatorio elettorale del consiglio veneto. Partiamo dal primo dell’elenco: Azzalin, consigliere del Partito democratico, ha dichiarato una spesa di 37.833 euro che, divisa per le 3.192 preferenze ottenute nel collegio provinciale di Rovigo, danno un "costo" per ciascun voto di 11 euro e 80 centesimi. Chi ha speso più di tutti? Il record del caro-voto ce l’ha Franco Ferrari, eletto a Venezia nella lista di Alessandra Moretti Presidente: per entrare al Ferro Fini, all’ex operaio diventato industriale, sono bastate 649 preferenze. Rispetto ad altri colleghi, Ferrari non ha speso tanto di campagna elettorale: neanche 20mila euro, ma la media del "costo" a voto è la più alta: 30,23 euro. Subito dopo si piazza un altro civico dell’opposizione di centrosinistra (anche se l’interessato vota spesso e volentieri come gli pare, spiegando appunto di essere un "civico" e di non dover obbedire ad alcun partito): Pietro dalla Libera, avvocato, ex sindaco di Oderzo, unico consigliere e capogruppo di "Veneto civico" che sosteneva Alessandra Moretti, ha speso più di 21mila euro di campagna elettorale e ha raggranellato 1.050 voti; ogni preferenza gli è costata 20,76 euro. Al terzo posto si collocaMaurizio Conte, ex assessore della prima Giunta Zaia, passato con Flavio Tosi, una scelta che l’ha portato a condurre una campagna elettorale durissima a Padova: ha speso più di 44mila euro e ogni preferenza gli è costata 18,03 euro.

Nella tabella si trovano anche i candidati presidenti: l’eletto Luca Zaia che ha dichiarato zero spese e Alessandra Moretti che comunque, nel rapporto tra spese elettorali e voti presi, ha un costo medio per voto di 0,09 euro. Il capogruppo del M5s Jacopo Berti, come Zaia, ha dichiarato zero ed è riuscito a entrare a palazzo perché è stato votato anche come consigliere prendendo 5.458 preferenze (oltre ai 262.749 di candidato presidente). Ma c’è anche un terzo eletto che ha dichiarato zero spese: Alberto Semenzato,ex segretario provinciale della Lega di Venezia, non si è fatto neanche un santino e per i 1.308 voti presi non ha scucito un centesimo.
Casi "zero" a parte, la preferenza che è costata meno è quella da 0,03 euro di Manuel Brusco: il pentastellato ha speso 59,17 euro per 1.683 voti. È vero che un po’ tutti gli eletti del M5s hanno un rapporto basso tra spese e voti (Scarabel 0,1 euro, Baldin 0,2, Bartelle 0,6), ma non è andata male neanche a Gabriele Michieletto, il consigliere della Lista Zaia che ha coniato lo slogan "Ara che so stufo": cinquanta centesimi a voto, neanche mille euro di spesa.
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