Maestre senza laurea, anche in Veneto scattano i primi licenziamenti

Domenica 16 Febbraio 2020 di Raffaella Ianuale
Una recente protesta
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VENEZIA Ha battagliato con tutte le armi a sua disposizione e ora che arrivano in Veneto i primi licenziamenti delle maestre prova amarezza e anche una certa rabbia per una situazione che secondo lei si poteva risolvere. «La vicenda dei diplomati magistrali, della quale mi occupo oramai da anni, appare ad oggi drammaticamente grave per le insegnanti licenziate e assolutamente imbarazzante per i governi che si sono succeduti - attacca Elena Donazzan, assessore regionale all’Istruzione del Veneto - è stata ignorata l’esistenza degli insegnanti diplomati magistrali in forze da anni nelle nostre scuole primarie, senza risolvere la paradossale situazione di essere incardinati nel sistema scolastico, evidentemente capaci di insegnare, ma licenziati dallo Stato che non ha previsto di risolvere con una norma questa problematica». Con le sentenze di merito stanno diventando esecutivi i licenziamenti delle maestre con il solo diploma magistrale con tutto quello che comporta, compreso il disappunto delle famiglie che in alcune realtà - come è successo in questi giorni a Camponogara nel Veneziano - hanno deciso di scioperare con i propri figli con tanto di cartello “Vogliamo la nostra maestra”.
LA VICENDA
La vicenda riguarda le maestre che insegnano con il solo diploma magistrale conseguito prima dell’anno scolastico 2001-2002. Solo in Veneto sono tremila gli insegnanti della scuola primaria che avevano ottenuto l’inserimento nelle Graduatorie ad esaurimento attraverso contenzioso legale, poco meno di un terzo di loro aveva raggiunto anche l’immissione in ruolo. Il Consiglio di Stato in adunanza plenaria si era però espresso negativamente sui giudizi pendenti. Decisione in Veneto accolta con una sollevata di scudi: manifestazioni, sit-in, cortei, forti nel difendere la loro esperienza maturata sul campo dopo anni di insegnamento. Gli insegnanti quindi inseriti con riserva nelle graduatorie ad esaurimento dovevano andarsene. E ora quei licenziamenti annunciati stanno diventando realtà.
L’IMBARAZZO
«È a dir poco imbarazzante per un’istituzione che le famiglie scendano in strada a protestare perché ai loro figli non venga tolta la maestra che ormai lavora da anni e che evidentemente è brava» prosegue Donazzan ricordano che molte forze politiche si erano dette pronte a risolvere il problema, per poi dimenticare l’esistenza di questi insegnanti. «La Regione del Veneto purtroppo non ha poteri normativi in questo campo ed è anche per questo che auspico l’autonomia nell’ambito dell’Istruzione - prosegue - un’autonomia piena, capace di rispondere anche a questa problematica legata all’organizzazione della scuola». Il Consiglio regionale del Veneto sulla vicenda si era comunque espresso con due ordini del giorno, e la Regione del Veneto era stata tra le capofila nella Nona Commissione della Conferenza Stato-Regioni nel sollecitare una risoluzione del problema a favore delle diplomate. «Ho incontrato personalmente molte di queste insegnanti, ho conosciuto le loro storie a Padova come a Venezia, a Rovigo come a Belluno: insegnanti per anni, apprezzate dai propri dirigenti scolastici e dalle famiglie, tutte con alle spalle l’anno di prova superato - continua l’assessore - ma in uno Stato più burocratico che capace sono state comunque messe fuori dalla porta della scuola. Era sufficiente un articolo di legge inserito in finanziaria o nel milleproroghe, ma evidentemente non si è voluto fare».
LA MOBILITAZIONE
Intanto è stato anticipato al 6 marzo lo sciopero della scuola indetto dai maggiori sindacati per difendere i diritti dei precari e protestare contro il mancato rispetto degli accordi sottoscritti con il Governo in tema di abilitazioni, reclutamento e contratto. «La decisione di anticipare la data della mobilitazione, inizialmente prevista per il 17 marzo - spiega Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Federazione Gilda-Unams - è dettata dall’urgenza e dalla gravità della posta in ballo e dalla totale chiusura dimostrata dalla ministra Azzolina». Uno sciopero che per la Cisl «mette al centro le questioni che riguardano in modo specifico precariato, reclutamento e abilitazioni, per le quali la ministra sta assumendo sempre più atteggiamenti di chiusura, apprestandosi a compiere scelte in netto contrasto con gli obiettivi condivisi in mesi di trattative fra le parti».
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