Marcato: altro che morto
​il modello veneto resiste

Domenica 15 Maggio 2016 di Paolo Francesconi
Roberto Marcato
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Entro maggio-giugno arrivano bombole di ossigeno per le piccole e medie imprese venete, sotto forma di misure varate dalla Regione. «Per le aziende manifatturiere e artigiane si tratta di 35 milioni dedicati alle garanzie (con un effetto leva di 1,5 miliardi). Un altro milione sarà erogato per aiutare le aziende a rischio a causa di mancati pagamenti di fornitori e clienti, soldi che si aggiungono ai 2 milioni stanziati dal governo. Provvedimenti approvati con il voto favorevole o l’astensione delle opposizioni». "Padre" di queste misure è Roberto Marcato, assessore allo Sviluppo e consigliere regionale della Lega Nord. Dopo 11 mesi di lavoro, Marcato fa un primo bilancio.

Assessore, come stanno le imprese venete?
«Ci sono timidi segnali di ripresa, ma la congiuntura resta critica. Nonostante il de profundis declamato da intellettuali ed "esperti" sulla morte del modello Nordest dopo la crisi del 2008, otto anni dopo le pmi restano il modello più efficiente, anche in termini di occupazione. Ricordo grandi dibattiti sul passaggio generazionale, fosche previsioni su cosa sarebbe venuto dopo l’imprenditore vincente degli anni ’70-’80-’90. Cosa c’è dopo? C’è il figlio, il nipote, la famiglia. È il modello veneto».

Il "piccolo è bello" vale anche per le banche?
«La crisi delle banche venete non dipende tanto dalla dimensione quanto dal fatto che sono state gestite male da personaggi poco inclini all’onestà. La Bce e il governo premono per aggregazioni e quotazioni in Borsa? Non so se hanno ragione, lo vedremo tra un po’...Però non posso accettare di sentire addetti ai lavori incolpare la politica per il tracollo. Ma come? Dopo che dal pulpito delle assemblee i membri dei Cda dicevano "fuori i politici che alle banche ci pensiamo noi imprenditori". Zonin cos’è, un politico? E i revisori dei conti dov’erano? E Consob e Bankitalia? Adesso tutti chiedono la testa del cinghiale ma c’è una responsabilità diffusa e qualche colpa ce l’ha anche l’impiegato o il consulente che ha piazzato all’ottantenne obbligazioni convertibili spacciandole per sicure».
In materia di sviluppo però non si può prescindere da leve come ricerca, innovazione e internazionalizzazione.
«Certamente e infatti sono tre postulati della nostra azione. Ricerca: il Consiglio regionale ha approvato all’unanimità il nuovo piano strategico, le pmi sono al centro. C’è un plafond di 200 milioni per le aggregazioni di imprese. Inoltre, ho rimesso in moto il tavolo per Porto Marghera, l’area più interessante che c’è oggi in Italia e forse in Europa. Nessun’altra è così attrezzata dal punto di vista logistico».

Per il commercio?
«Abbiamo finanziato con 1,7 milioni il progetto per valorizzare i centri storici. Poi è in corso la revisione della legge regionale: la crisi ha cambiato il mondo, bisogna adeguare gli strumenti normativi e operativi».

Il Veneto è a rischio contraffazione: come si contrasta?
«Stiamo testando l’"etichetta parlante", si applica a prodotti e materiali, alimenti inclusi, è leggibile col cellulare. Racconta tutto: composizione, provenienza, filiera, luogo di produzione. Il consumatore è più tutelato».
Con le infrastrutture digitali attuali, però, il ritardo rispetto ai competitori europei rimane
«È vero, siamo indietro. Per questo abbiamo appena chiuso l’accordo in Conferenza Stato-Regioni: al Veneto saranno destinati 325 milioni per la banda ultralarga, altri 40 milioni li metterà la Regione. Per coprire l’intero territorio in tre anni. Sarebbe una cosa straordinaria».

La vita di partito come procede? 
«Resto un militante e un soldato. Vado dove mi dicono di andare, anche fuori dal Veneto, quando è possibile. Il tempo non è molto: da consigliere regionale ho partecipato al 100% dei Consigli».
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