Mascherine, giungla dei prezzi: cosa c'è dietro le stangate

Sabato 11 Aprile 2020 di Antonio Liviero
Mascherine, giungla dei prezzi: cosa c'è dietro le stangate
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VENEZIA - Quanto ci costa proteggerci. La pandemia da Covid-19 e la prospettiva di un graduale ritorno alla normalità che comporterà l'obbligo per tutti di uscire di casa per mesi con bocca e naso protetti e indossando i guanti, sta scatenando il caos. Le mascherine vanno a ruba. Come arrivano nelle farmacie, ma anche nelle edicole o persino nei ferramenta, vengono esaurite in un baleno. E i prezzi schizzano alle stelle. Nel Nordest ieri, secondo un'indagine svolta dalle redazioni provinciali del Gazzettino, nelle farmacie quelle chirurgiche (la via di mezzo tra le professionali Dpi ad alta protezione e le filtranti) variavano in media da un euro e mezzo a 3 euro a pezzo. Prima della pandemia costavano 40-50 centesimi. In una farmacia vicina all'ospedale Sant'Antonio di Padova sono in vendita a 1,90 l'una. Nello stesso esercizio il 25 marzo erano vendute a 80 centesimi.
Ma ci sono situazione molto contrastanti. Ad esempio a Pordenone alla farmacia Rimondi sono vendute a 2 euro l'una, mentre alla Fede arrivano oggi e saranno messe in commercio a un euro. Alla Comunale di San Vito al Tagliamento invece solo chirurgiche ma a 3 euro. A Udine non si trovano le FFP2 e le FFP3, le più costose in uso a medici e infermieri, in compenso la classica chirurgica arriva a 2,40 euro. A Codroipo non tengono le chirurgiche per scelta: «1,60 è un prezzo eccessivo» dicono alla farmacia Mummolo, dove in compenso le FFP2 si trovano a soli 4 euro (a Rovigo arrivano anche a 11.70). Alla farmacia Alla Gatta di Venezia, hanno adottato una politica di contenimento dei prezzi: «Un pacchetto da 5 di chirurgiche costa 7,5 euro, rifiutiamo i fornitori che le vendono più care». Al Redentore sono esaurite, mentre a Mestre, alla farmacia dell'ospedale arrivano regolarmente e vengono vendute a un prezzo che varia da 2 euro a 2,5.
SITUAZIONE CONTRASTANTE Le più economiche si segnalano alla San Giorgio di Cortina: «Al momento abbiamo confezioni da 14 mascherine (tipo quelle della Regione) che vendiamo a 9,90. Ma di quelle con filtro ne abbiamo solo per il nostro personale».
Stante la media dei prezzi una situazione inquietante in prospettiva. Se dovesse scattare l'obbligo di mascherina per tutti, una famiglia di 4 persone dovrebbe spendere come minimo almeno 6 euro al giorno per proteggersi e uscire di casa con un modello chirurgico. Che significherebbe 180 euro al mese. Sempre che una basti, perché dopo 4-5 ore, quelle monouso sono da buttare. E sempre che i prezzi non salgano ancora, scenario per nulla irrealistico. Perché dagli interventi di contrasto alle speculazioni nella vendita al dettaglio che sta effettuando la Guardia di finanza, emergono cifre assurde: a Padova in due parafarmacie i finanzieri coordinati dal colonnello Fabio Dametto ne hanno sequestrate 4700 riscontrando ricarichi del 490 e del 2400%. In un caso i prezzi oscillavano da 3 a 10 euro (da quelle chirurgiche alle FFP2) a fronte di un costo di acquisto variante tra i 10 e gli 80 centesimi. In un altro esercizio erano invece state acquistate a un euro e venivano rivendute a 5. Tutto materiale prodotto in Cina.
«Da quello che possiamo intuire - dice Paolo Sini, capitano della compagnia della Guardia di Finanza di Latisana - nei primi giorni di marzo si è verificata una esportazione massiccia verso l'Italia con bolle di importazione più alte rispetto al pre-emergenza. Cioè, chi ha fiutato l'affare potrebbe aver fatto entrare i prodotti con prezzi tendenzialmente drogati. C'è poi il fenomeno del nero. Lo vediamo perché quando chiediamo al venditore al dettaglio di fornirci riscontri documentali dell'acquisto, cioè la bolla o la fattura, non è in grado di farlo. Molte hanno la sigla Ce, che però indica semplicemente China exportation e non la marcatura europea».
La maggior parte delle mascherine è di importazione. Per un Paese che non si aspettava un'emergenza simile, aumentare la produzione non è semplice in breve tempo. UniSmart, la fondazione dell'Università di Padova che si occupa dell'amministrazione e gestione del flusso dei test per le mascherine, ha costituto una task-force per supportare le imprese che vogliono produrle riconvertendo la loro attività. «Noi abbiamo dato supporto finora a oltre 100 aziende, il 60% interessate a produrre i dispositivi filtranti, il 30% quelle chirurgiche e il restante 10% è Dpi utilizzate dai medici e infermieri in prima linea - racconta il project manager di UniSmart, Stefano Giulitti -. A volte le mascherine filtranti hanno caratteristiche che si avvicinano alle performance di quelle chirurgiche e non servirebbe molto in più per ottenere la certificazione. Dipende dai materiali. Dall'Istituto superiore della sanità servirebbero delle specifiche tecniche chiare per far capire meglio alle aziende come fare». 
COSTI DI PRODUZIONE Ad UniSmart stanno usando mascherine importate dalla Cina: «Le abbiamo pagate tra i 40 e i 50 centesimi l'una» dice Giulitti. Ma quanto costa in questo momento produrre una mascherina in Italia? Il costo vivo si aggira tra i 35 e i 60 centesimi al massimo. E il 90% della spesa è dovuta al tessuto. Qualcosa di più andrebbe aggiunto per produrre il modello chirurgico (ce ne sono di tre tipi) che sono quelle che proteggono meglio coloro che stanno vicino a chi le indossa.
«Un certo aumento dei costi è fisiologico - sottolinea il presidente della Federconsumatori Emilio Viafora -. Il governo dovrebbe adottare misure drastiche di contrasto ai fenomeni illegali e allo stesso tempo avviare un piano di acquisto pubblico di vari presidi. Ci vorrebbe una sede di smistamento dei prodotti per garantire anche prezzi uniformi».
C'è poi il capitolo delle mascherine multiuso. Lavabili e sanificabili. Vengono vendute da 3 euro(alla Chiussi di Tolmezzo) per arrivare ai 6 euro alla Comunale di Azzano Decimo (Pordenone). Ma i dubbi sono tanti. Ad esempio quante volte possono essere riutilizzate dopo la sanificazione? Chi le certifica? Lo Stabilimento chimico militare di Firenze sta conducendo degli studi su alcuni tessuti. Ma va cauto. Sul proprio sito avverte: «Siamo in attesa di prove tecniche specifiche».


    

Ultimo aggiornamento: 12:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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