Marco e Alberto Franzoi, i due fratelli travolti dalla valanga in Alto Adige: uno trova l'altro sepolto sotto un metro di neve ma non riesce a salvarlo

Per Alberto Franzoi, 34 anni, non c'è stato nulla da fare. Inutile anche la corsa disperata in elicottero verso l'ospedale di Bolzano

Lunedì 18 Dicembre 2023 di Federica Zaniboni
Marco e Alberto Franzoi, i due fratelli travolti dalla valanga in Alto Adige

Quando Marco Franzoi si è rialzato, aveva un unico pensiero: suo fratello. Guardandosi attorno in mezzo alla neve, dopo quegli interminabili secondi di puro terrore, ha immediatamente gridato il nome di Alberto. Ma intorno lui c'era soltanto silenzio. Compagni di avventura da una vita, i due fratelli originari di Rovereto erano legati dalla passione per la montagna e lo sci alpinismo. Si trovavano insieme anche sabato scorso, quando una valanga li ha travolti all'improvviso in val di Fleres, in Alto Adige. Per Alberto Franzoi, 34 anni, non c'è stato nulla da fare. Marco lo ha trovato sepolto sotto a un metro di neve, ormai in fin di vita. Inutile anche la corsa disperata in elicottero verso l'ospedale di Bolzano, dove il giovane è morto poco dopo essere stato ricoverato. Nemmeno un graffio invece per Marco, di due anni più grande, che ha avuto la meglio sulla valanga, ma ha perso il fratello tradito proprio da ciò che più amava.

LA STORIA

Padre di due bimbi di 3 e 5 anni, la vittima lavorava come tecnico all'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare a Povo, in provincia di Trento. «Impossibile non volergli bene, era un vulcano di energia» dicono gli amici. Quella di sabato doveva essere una giornata come le tantissime altre trascorse insieme al fratello in alta quota. Ma dopo anni di trekking, mountan bike, arrampicata e sci, quell'ultima tragica escursione si è rivelata fatale. I due stavano salendo verso la Cima delle pecore, a circa 2.600 metri di altezza. Il sole splendeva sulle montagne e non vi era nulla che potesse fare presagire il dramma che si sarebbe consumato di lì a poco. Mancava circa mezz'ora all'arrivo, erano le 11.30. La valanga è piombata sui fratelli da un momento all'altro, senza lasciare loro il tempo di fuggire o di mettersi al riparo. Ed è stato allora che i destini dei due uomini si sono divisi per sempre.
Mentre Alberto veniva completamente inghiottito dalla neve, Marco vi è scivolato sopra, venendo trasportato giù dalla massa per circa 150 metri, fino al punto in cui la valanga si è fermata. Ma il vero incubo doveva ancora iniziare. Il 36enne si è accorto subito che il fratello non era più al suo fianco e che, nonostante le grida, non rispondeva ad alcun richiamo. Senza esitare, ha iniziato a cercarlo, risalendo velocemente fino al punto in cui la valanga li aveva travolti. Per individuarlo si è servito dell'Arva, l'Apparecchio di Ricerca in Valanga che trasmette un segnale a tutti gli altri dispositivi attivati nelle vicinanze per comunicare la posizione di chi si trova intrappolato. Entrambi montanari esperti, i Franzoi lo avevano con sé, come ogni altra volta che si avventuravano insieme sui monti. Seguendo le onde magnetiche, Marco è riuscito ad avvicinarsi sempre di più ad Alberto, finché ha visto un braccio spuntare dalla distesa bianca. Scavando, è riuscito a tirarlo fuori dalla neve e ha iniziato immediatamente a eseguire le manovre di rianimazione.

I SOCCORSI

Sul posto sono arrivati i soccorsi medici, i vigili del fuoco dei volontari, la Guardia di finanza e i carabinieri.
Gli operatori sanitari hanno intubato il 34enne, ormai incosciente, e subito dopo lo hanno trasportato al pronto soccorso di Bolzano a bordo dell'elicottero. Quei minuti trascorsi sotto alla neve, però, non gli hanno lasciato scampo. Marco Franzoi è morto una volta arrivato in ospedale, probabilmente proprio a causa del lungo tempo trascorso al freddo dopo l'impatto. Come ha spiegato ad alcune testate locali Thomas Windisch, capo della squadra del soccorso alpino Bra di Fleres e Colle Isarco, i due ragazzi «non avevano sbagliato niente, erano saliti lungo la via tradizionale verso la Cima delle pecore». La valanga che si è staccata al passaggio degli scialpinisti «potrebbe essere stata favorita dalla neve ventata», quel giorno presente sulla cima al confine con l'Austria. Alberto era «uno spirito libero», ricorda chi lo conosceva, «un ragazzo a cui si voleva bene senza alcuna fatica» e «sempre con il sorriso».

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