V ENEZIA - Tre anni fa, ieri. Il 21 marzo 2020 era una domenica e in Veneto era la prima domenica con i supermercati chiusi. A disporlo, esattamente un mese dopo il primo morto da coronavirus, una ordinanza del governatore Luca Zaia: supermercati con le saracinesche abbassate, chiusi i parchi e i giardini pubblici, giri in bicicletta consentiti solo per andare al lavoro o a fare la spesa, passeggiate “a distanza non superiore a 200 metri dalla propria abitazione”.
Quel clima sospeso, la paura di prendersi un virus sconosciuto, negli occhi ancora le bare trasportate dai mezzi dell’esercito a Bergamo, e poi i decreti che nell’autunno successivo classificavano le Regioni con i colori, tutto questo è stato rivissuto ieri in consiglio regionale del Veneto, dove la politica - dividendosi - ha preso atto dei lavori della Commissione speciale d’inchiesta sull’andamento dei contagi e dei decessi da Sars-Cov-2 durante la seconda ondata della pandemia. Tutti gli atti della Commissione ora finiranno in Procura e saranno i magistrati a ravvisare e perseguire eventuali responsabilità. Ma sul piano politico resta la contrapposizione tra la maggioranza e l’opposizione, restano le due differenti interpretazioni sulla gestione della pandemia date dalla leghista Sonia Brescacin e dalla dem Vanessa Camani, restano le due distinte relazioni conclusive. Punti di incontro, nessuno.
L’OPPOSIZIONE
Per la minoranza di centrosinistra gli oltre 8mila morti nella seconda ondata del virus, dall’ottobre 2020, potevano essere evitati se il Veneto, come la Lombardia, fosse stato dichiarato zona rossa anziché restare in zona gialla, per quanto “plus”.
Vanessa Camani con le colleghe del Pd Francesca Zottis e Anna Maria Bigon, e poi Erika Baldin del M5s ed Elena Ostanel del Veneto che Vogliamo, ma anche Andrea Zanoni del Pd con il capogruppo Giacomo Possamai, la verde Cristina Guarda e lo speaker Arturo Lorenzoni hanno sottolineato due elementi: i posti letto in terapia intensiva “gonfiati” e la trasmissione “non corretta” a causa del cambio del software di uno dei 21 indicatori - l’Rt, cioè l’indice di trasmissibilità del virus - necessari perché il Governo decretasse il colore della Regione. Senza contare le accuse a Zaia, che ieri non si è presentato in aula: «Irrispettoso».
LA MAGGIORANZA
«La vostra è una subdola accusa al nostro governatore, vergognatevi», ha tuonato il leghista Giuseppe Pan. E il presidente dell’intergruppo Lega-Liga, Alberto Villanova: «State dicendo che la trasmissione dei dati è stata modificata ad arte e che i posti letto in rianimazione sono stati gonfiati per non finire in zona “rossa”. Quello che dite è gravissimo, sarebbe un falso in atto pubblico. E allora perché non avete fatto denuncia alla Procura?». Gli alleati, da Enoch Soranzo di FdI a Elisa Venturini di FI, hanno fatto quadrato attorno alla gestione di Luca Zaia.
«È evidente a tutti, tranne forse a qualche senatore a Roma - ha poi detto Brescacin con la collega Milena Cecchetto, riferendosi al microbiologo Andrea Crisanti - come la Regione del Veneto abbia fatto il massimo per tutelare la salute e la sicurezza dei veneti. Il Veneto è stato un modello». «Abbiamo sempre e solo seguito le indicazioni della scienza - ha rimarcato l’assessore alla Sanità, Manuela Lanzarin -. Voi dite che non abbiamo evitato i morti? È un’accusa che respingo. Il nostro sistema sanitario ha dato il massimo. Io dico che se ci fosse stato solo qualcosa che poteva evitare in quel momento anche un solo decesso, state convinti che l’avremmo fatto».
IL VOTO
Al voto finale, per la presa d’atto dei lavori della Commissione d’inchiesta, 37 sì, 9 voti non espressi (quelli dell’opposizione), 5 assenti (Formaggio, Gerolimetto, Guarda, Rizzotto, Zaia). Nella saletta riservata al pubblico, una delegazione del Comitato nazionale familiari vittime del Covid: «I nostri morti non li abbiamo neanche visti».
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