Comuni troppo piccoli. La Regione: «Unitevi, pagherete meno tasse»

Lunedì 21 Giugno 2021 di Alda Vanzan
Comuni troppo piccoli. La Regione: «Unitevi, pagherete meno tasse»
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C'è chi ha detto no: al referendum indetto il 16 dicembre 2018 in merito alla fusione tra municipalità diverse, in Veneto un Comune su due si è opposto, preferendo mantenere il proprio campanile.

A distanza di quasi tre anni da quella consultazione, la Regione prova a rilanciare le unioni e le fusioni dei Comuni, sostenendo l'economicità delle aggregazioni: «Bisogna coniugare identità ed efficienza amministrativa, questa è la nuova sfida», dice l'assessore agli Enti locali, Francesco Calzavara, che ai colleghi consiglieri ha fatto presentare la bozza di un nuovo piano di riordino territoriale. Ma che ora vuole far «partire dal basso» le prossime aggregazioni municipali: «Mettersi assieme comporta meno tasse e più investimenti, è questo che dobbiamo spiegare ai cittadini. Con le unioni e le fusioni dei Comuni ci sono più vantaggi».


I DATI

In un confronto con altre realtà, il Veneto in questo campo non primeggia. Dice Calzavara: «Rispetto ad altre Regioni, come l'Emilia Romagna, che hanno fatto un percorso di aggregazione, noi in Veneto abbiamo il 51% di Comuni - cioè più di uno su due - con meno di 5mila abitanti e il 23% - quasi uno su quattro - sotto i 3.000 abitanti. Dovremmo scendere almeno di dieci punti, i Comuni con una popolazione inferiore a 5mila persone non possono essere più del 40%». Il problema è che in Veneto piccolo e bello. Valeva in economia quando la regione era la locomotiva d'Italia. E continua a valere oggi con i campanili: i paesi hanno una identità, una storia, una tradizione e non vogliono perderle. «È vero - dice l'assessore - ma la sfida è proprio questa: coniugare identità ed efficienza amministrativa».


LO STUDIO

Lo studio presentato alla Prima commissione consiliare da Giuseppe Rovatti della cooperativa Poleis dimostra proprio questo: unirsi comporta vantaggi. A livello italiano il Veneto si colloca, infatti, al terzo posto per numero di Comuni e dei 563 Comuni veneti ben 289 (51%) sono sotto i 5.000 abitanti e circa il 25% hanno meno di 3.000 abitanti. Il dato assume particolare rilevanza se si pensa che questi Comuni sono chiamati ad amministrare il 15% della popolazione veneta e più del 40% dell'estensione territoriale regionale, con l'aggravante che il territorio dei piccoli Comuni veneti è spesso caratterizzato da elevato rischio idro-geologico e/o dalla presenza di tutti i fattori di rischio/criticità tipici dei territori montani o pedemontani. Qualche risultato però è stato ottenuto: in Veneto sono stati celebrati 25 referendum di fusione dal 2013 al 2020 con il coinvolgimento di 63 Comuni, l'istituzione di 12 nuovi Comuni con la contestuale estinzione di 29 Comuni, la quasi totalità dei quali (28) sotto i 5.000 abitanti. Pioniere sono state Porto Viro e Due Carrare, ancora negli anni '90.


Ma perché unirsi o addirittura fondersi? Da un'analisi compiuta nel 2020 su dieci Unioni della Regione Veneto, dal Camposampierese alla Destra Adige, è emerso che le Unioni di grandi dimensioni (in termini di popolazione) sono quelle che mostrano una maggiore capacità di spesa, che erogano servizi caratterizzati da adeguati livelli di efficacia ed efficienza e che hanno ulteriori margini di crescita. Non solo: il confronto sulla spesa per abitante del servizio di Polizia Locale e del numero di agenti ogni mille abitanti, ha dimostrato che le quattro Unioni più grandi hanno un numero maggiore di agenti sul territorio. Viceversa, le Unioni di piccole dimensioni denotano ristretti margini di crescita.


E veniamo alle fusioni: nella maggior parte dei comuni fusi si è riscontrato un aumento delle entrate da trasferimenti e una diminuzione delle entrate tributarie e/o delle entrate extratributarie. Questo significa - recita lo studio - che una parte delle maggiori risorse ricevute per la fusione sono state utilizzate per alleggerire la pressione fiscale e tributaria sui cittadini, oltre che per diminuire dove possibile alcune rette e tariffe dei servizi a domanda individuale. «È questo - dice Calzavara - che dobbiamo spiegare ai cittadini, vorremmo che il percorso stavolta partisse dal basso». Il nuovo Piano di riordino territoriale sarà illustrato in una serie di consultazione che coinvolgeranno anche le categorie economiche.

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