Uranio impoverito, carabiniere malato dopo la "missione" vince la causa: «La mia lotta anche contro il virus»

Giovedì 26 Marzo 2020 di Cristina Antonutti
Uranio impoverito
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PORDENONE Sfiora il mezzo milione di euro la somma che il ministero della Difesa dovrà versare a un maresciallo capo dell'Arma che si è gravemente ammalato durante le missioni di pace nei Balcani e in Afghanistan. Così ha deciso il Tar del Fvg mettendo forse fine a una battaglia legale combattuta su più fronti nel corso degli anni. Il forse è d'obbligo, non vorrei specifica infatti l'avvocato Carmine Perruolo del Foro di Roma dover fare un'azione per ottenere il pagamento.

LA MALATTIA
Il carabiniere, in servizio nel Friuli Occidentale, si è gravemente ammalato dopo le missioni. La sentenza che gli ha sconvolto la vita l'ha emessa il 5 settembre 2012 il Cro di Aviano, quando gli è stata riscontrata una patologia polmonare importante. Aveva 34 anni. Ha dovuto rinunciare alla carriera e alla possibilità di diventare padre. In questi giorni si trova in licenza di autotutela. «Sono sottoposto a terapia salvavita - spiega - e avendo i postumi di una malattia neoplastica, pur essendo fisicamente stabile non posso espormi al rischio di contagio da coronavirus».
Di fatto la sua odissea è cominciata nel 2010, quando ha operato in aree che erano state teatro di operazioni belliche entrando in contatto con nano particelle di metalli pesanti e uranio impoverito riconducibili alle esplosioni di munizionamenti bellici. Era stato mandato allo sbaraglio, come tanti altri colleghi, senza nessuna protezione.

LA BATTAGLIA LEGALE
La causa di lavoro vinta davanti al Tribunale del lavoro di Pordenone non è mai stata scalfita. Il giudice Angelo Riccio Cobucci gli ha riconosciuto lo status di vittima del dovere. Ha ottenuto benefici assistenziali, un'invalidità permanente del 50%, il diritto all'assistenza psicologica e all'esenzione delle spese sanitarie e farmaceutiche. La Corte dei conti gli ha poi riconosciuto la causa di servizio, mentre al Tar ha dovuto rivolgersi per ottenere il riconoscimento dei danni, compreso quello biologico.
L'avvocato Perruolo aveva proposto un risarcimento non patrimoniale di 686mila euro, oltre a 150mila per la perdita della capacità lavorativa e altri 150mila per le missioni a cui non ha potuto e a cui non potrà più partecipare. Secondo il ministero della Difesa, non gli spetterebbe alcun ristoro, vi avrebbe già provveduto la sentenza del giudice del lavoro con gli assegni vitalizi. Ma i giudici del Tar non sono stati dello stesso avviso. Hanno riconosciuto la responsabilità del ministero sui danni patrimoniale e non patiti dal militare. L'altro ieri è stata depositata la sentenza: al militare spettano oltre 480mila euro, di cui circa 200mila già ottenuti come vittima del dovere.
Secondo i giudici non «richiedono particolari dimostrazioni il fatto che la malattia abbia impedito e impedirà in futuro al ricorrente di avere chance di carriera, di avanzamento professionale e, in ogni caso, di partecipare a ulteriori missioni internazionali conseguendo i correlati incrementi stipendiali». Spero di non dover fare ulteriori azioni per ottenere il pagamento osserva il militare Sono un combattivo, non mi fermo, ma a volte l'amministrazione è più crudele del male. Ringrazio la magistratura che ha sempre creduto in me. Il ministero è stato condannato dal Tar a pagare anche le spese di lite.
 
Ultimo aggiornamento: 14:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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