L’alloggio stava in un container, «posizionato accanto ad una struttura bruciata, con amianto a meno di due metri». Il tetto era ridotto a pezzi, «con unica precauzione un telo di plastica davanti alla finestra». Intanto fuori piovevano proiettili «con utilizzo di uranio impoverito per i bersagli corazzati». Per quattro mesi Sergio Cabigiosu, quand’era tenente della fanteria alpina di stanza fra l’Alto Adige e Cividale del Friuli ma in missione a Sarajevo, ha respirato la stessa aria di Franco Di Mare.
I DANNI
Accogliendo il ricorso patrocinato dall’avvocato Enzo Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, il giudice Marco Cucchetto ha descritto i danni patiti da Cabigiosu con l’esposizione alle sostanze cancerogene sia nelle caserme italiane che durante l’operazione “Joint forge” tra febbraio e luglio del 2001. Ecco allora il riferimento «alla permanenza ed agli spostamenti in territori bellici interessati da bombardamenti, su strade non sempre asfaltate, senza risultare munito di adeguati ed efficienti mezzi di protezione adatti allo specifico contesto di operatività (tute, mascherine e guanti), muovendosi in ambiente inquinato da esalazioni e residui tossici derivanti dalla combustione ed ossidazione dei metalli pesanti causate dall’impatto e dall’esplosione delle munizioni». Contesti in cui i militari operavano «in forti condizioni di stress termico e ambientale e psicofisico, debilitati da ravvicinate somministrazioni vaccinale», oltretutto adoperando «per l’igiene personale acqua del posto», in quell’ex caserma “Tito Barak” situata vicino a Sarajevo, «bombardata e parzialmente distrutta e presso la quale si era insediato l’esercito italiano, con segni di bombardamenti, anche con proiettili all’uranio impoverito».
LA DIAGNOSI
Da allora sono trascorsi oltre due decenni, Cabigiosu ha cambiato lavoro e ha una bella famiglia, ma da sette anni convive con la grave malattia accertata dall’Azienda ospedaliera di Verona. Riferisce l’Osservatorio nazionale amianto: «La spiacevole scoperta è avvenuta nel 2017, all’età di 44 anni, quando ha ricevuto la diagnosi della patologia asbesto correlata che gli ha causato un grave danno biologico al 100%, inequivocabilmente, quindi, legata all’esposizione a radiazioni dovute all’uso di proiettili all’uranio impoverito. Il tenente ha subito anche esposizione all’amianto, sia nelle caserme in Italia, che a Sarajevo». Sulla base anche dell’esperienza maturata di fronte alla Corte d’Appello di Venezia, l’avvocato Bonanni ha vinto la causa davanti alla sezione Lavoro del Tribunale scaligero. «Si tratta di una sentenza molto importante – commenta il legale – perché inverte l’onere della prova per esposizione a radiazioni e nanoparticelle di metalli pesanti e radioattivi ed è molto importante anche nell’ottica di risarcimento del danno subito dal militare per le esposizioni nel nostro Paese e nel territorio balcanico». La notizia è stata commentata dall’eurodeputato Roberto Vannacci, che da generale aveva sollevato casi come questo, gridando «Vittoria» e citando un passaggio dell'orazione di Cicerone contro Catilina: «Fino a che punto dunque abuserai della nostra pazienza?».