PORDENONE - La storia purtroppo sembra ordinaria. O meglio, lo è diventata con il passare del tempo, da quando i pazienti (o come in questo caso i genitori degli stessi) sono diventati sempre più aggressivi. E i medici sono finiti nel mirino. La pandemia, in tutto questo, ha dato una mano. È innegabile. Il protagonista, stavolta, è un giovane pediatra pordenonese, aggredito verbalmente da due genitori al pronto soccorso pediatrico di San Donà di Piave (Ve).
I fatti
Dicembre 2022, pronto soccorso pediatrico di San Donà di Piave. Il pediatra 37enne Giorgio Cuffaro è di turno. Con lui c'è un'infermiera che ascolterà tutto e sarà pronta a testimoniare. Cuffaro è uno dei cosiddetti "gettonisti". Fa parte di una coop e lavora privatamente, salvo accettare incarichi temporanei nella sanità pubblica. Alla porta si presentano i due genitori di una bambina di otto anni. La piccola ha la febbre. «Visitata da cima a fondo la paziente - spiega il pediatra - e spiegata delicatamente l'inappropriatezza dell'accesso, in sala d'attesa in presenza di infermiera e altri genitori, i genitori della bambina hanno pronunciato frasi come: "ma questo è un c.....e, dove lo avete trovato? io non accetto questo trattamento"; "ma chi ve l'ha mandato? E io adesso dovrei pagare il lavoro di un professionista? A casa mia il lavoro di un professionista si paga quando viene fatto bene. Gli dica di andare a rifarsi la laurea"». E ancora: «Sono stato poi "convocato" dagli stessi genitori in sala d'attesa - prosegue il medico - interrompendo la visita in corso al paziente successivo e, sempre in presenza di testimoni i due genitori hanno iniziato a sbraitare: "torni a studiare", "questa cosa non finisce qui", "farò un esposto nei suoi confronti"». Scene che molti medici ormai riconoscono come familiari, quasi routinarie.
La battaglia
«Io mi sono limitato a dire di abbassare la voce e che anche io avrei fatto tutto il possibile per difendermi - prosegue ancora il dottor Cuffaro -. Con un avvocato dell'Ente abbiamo inviato la controparte alla negoziazione assistita. Non avendo inizialmente risposto, poco prima dello scadere dei 90 giorni, ho presentato anche denuncia ai carabinieri. Ora hanno dovuto risarcirmi come da accordi, pagare due avvocati (penalista e civilista), e inviare una lettera di scuse a me, al primario e al direttore sanitario». La denuncia è stata ritirata martedì, perché nel frattempo si è arrivati alla negoziazione che costerà alla famiglia tremila euro. «Io però dovrò pagare le mie spese legali», aggiunge il professionista.
L'amarezza
«Questa vicenda mi ha segnato - conclude Cuffaro, che oggi aprirà a Pordenone il suo primo ambulatorio pediatrico in via Colonna -. Inizialmente avrei lasciato correre. Poi ho capito che la passione e l'impegno che metto in questo meraviglioso mestiere non potevano essere calpestati così. Rispettiamoci a vicenda, medici e pazienti. Talvolta corriamo il rischio di avere una visione eccessivamente soggettiva in questa delicata relazione ma, di fatto, siamo nella stessa barca: non ci sarebbero medici senza pazienti, e non ci sarebbero pazienti senza medici».
Ad altri, nemmeno troppi mesi fa, è andata peggio. Non è finita con urla e minacce, ma con la violenza fisica. Anche questo, oggi, è il lavoro in pronto soccorso.