Frode sui rifiuti ferrosi, il sequestro sale a quasi 8 milioni

Venerdì 18 Giugno 2021
Operazione della guardia di finanza

PORDENONE -  Lievita a 7,6 milioni - tra denaro e titoli - l’ammontare del sequestro preventivo che va a colpire i protagonisti di un traffico di rottami ferrosi per 308 milioni di euro e della mega frode fiscale a cui è legato uno scambio di “nero” pari a 150 milioni di euro con i cinesi.

I finanzieri del Nucleo di polizia economico finanziaria di Pordenone, coordinati dall’Antimafia di Trieste, devono recuperare 66 milioni di euro. Oltre ai 7,6 milioni, al momento i sigilli sono stati messi a 38 unità immobiliari, 30 terreni e 35 autoveicoli. Le indagini, che hanno portato a cinque misure cautelari e all’iscrizione di 58 persone nel registro degli indagati (per 21 si lavora all’ipotesi di associazione per delinquere), sono lontane dalla chiusura. Ci sono ancora persone da individuare, ad esempio molti dei venditori occulti di ferro, acciaio, rame e ottone, tutti scarti privi di tracciabilità, che i centri di recupero di materiale ferrosi hanno potuto conferire nelle acciaierie soltanto grazie a un giro di fatture e documentazione ambientale falsi predisposti da principali indagati, i sanvitesi Stefano Cossarini, Roger Donati e Fabrizio Palumbi, a cui si aggiungo i due prestanome “operativi” Guido Masciello e Cristiano Altan.


I RETROSCENA
Sulla richiesta delle misure cautelari vi è stata un’accelerata da parte del pm Federico Frezza, perchè c’era il timore che tre degli indagati si trasferissero in Svizzera, dove Donati e Palombi già hanno residenza. In uno scambio di battute, captate in un’intercettazione, uno degli indagati chiede infatti che nel paese elvetico c’è l’estradizione. Che fossero consapevoli delle conseguenze penali che l’enorme meccanismo architettato per rendere commerciabili i rifiuti acquistati in “nero” lo si evince da tantissime intercettazioni telefoniche o scambi di whatsapp, come quando uno degli indagati, Mario Boglioni, nel 2019 finisce ai domiciliari per corruzione, abuso d’ufficio di traffico di influenze illecite. O quando nel 2019 parlano dell’arresto dei Casalesi a Eraclea: «Ti ricordi quando siamo andati su... Quelli là se noi portavano i soldi ci in...». Poi si compiacciono di non aver fatto affari.


IL FALSO PEDINAMENTO
Uno degli autisti coinvolti va nel panico quando scopre di essere pedinato da una «500 nera in borghese...». I finanzieri hanno organizzato un falso pedinamento per vedere le reazioni e c’azzeccano, perchè comincia una serie di telefonate sul comportamento da tenere, perchè il camion è vuoto, l’autista ha in mano solo la documentazione regolare, realizzata con i file che si trovano nei computer di Cossarini, Donati e Palombi, per realizzare le carte necessarie per andare a caricare i rottami comprati illecitamente. Ed è ancora panico quando la Finanza chiama Altan per una verifica fiscale alla Femet Srl di San Quirino. Il prestanome cerca di prendere tempo, chiama il commercialista, riceve direttive chiare: deve dire di essere all’estero in modo da aver qualche giorno di tempo per sistemare la documentazione fiscale.


I TIMORI
Anche Guido Masciello, prestanome della Ecomet Srl di Santa Lucia di Piave, a un certo punto comincia ad avere paura. Capisce che il giro vorticoso di denaro è foriero di guai e chiede spiegazioni. E le spiegazioni che ottiene in ufficio, con i finanzieri che ascoltano in sala intercettazioni, sono la conferma del sistema messo in piedi per la frode fiscale. Masciello organizza anche una cena per mettere le cose in chiaro - «chiarire a 360 gradi» - parlando a quattr’occhi con Donati e Palombi. «Io - spiega a un altro prestanome, Giuseppe Farano (Biotekna di Nova Gorica) - accetto questo rischio solo perchè ho la possibilità di lavorare».


LE DIFESE
Da studiare ci sono 566 pagine di ordinanza cautelare, oltre ad altri centinaia di atti contenuti nel fascicolo d’indagine. «Donati - spiega l’avvocato Walter Fuser - avrà modo di spiegare la sua posizione». Ha già spiegato, invece, Cristiano Altan, ottenendo l’obbligo di firma. «Sono soddisfatto - afferma l’avvocato Marco Zucchiatti - segno che la sua posizione è stata compresa all’interno del sistema. Pensava di avere un lavoro normale, divideva rame, ottone e ferro seguendo le istruzione che gli erano state impartite dagli altri».

Ultimo aggiornamento: 07:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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