VIVARO - Il calcio nell’anima. Il pallone, la sfera magica piena di sogni e desideri, nel corso degli anni ha rappresentato una costante per la famiglia Cesaratto. Anche Gabriele, il biondo cucciolo di famiglia, ne era irresistibilmente attratto. Corse e rincorse, parate, cavalcate lungo la fascia laterale, tiri, colpi di testa, pressing, gol.
CORSI E RICORSI
Prima della Vivarina c’era la Vibate, ossia la squadra nata dall’unione delle forze calcistiche di Vivaro, Basaldella e Tesis. E proprio quei colori nonno Silvio Cesaratto, classe 1950, e papà Marco, nato nel 1977, si erano cuciti addosso in maniera radicale. Silvio, in particolare, è stato uno dei giocatori simbolo del vecchio club, arrivato fino alla Prima categoria, poggiando sempre - rigorosamente - sulle forze locali. Per anni ne è stato un punto di forza e di continuità, il primo ad arrivare al campo e l’ultimo ad andarsene. Per lui una soddisfazione ulteriore: riuscire a giocare diverse partite al fianco del figlio Marco, nonostante i cinque lustri e mezzo di differenza tra i due. Fratelli siamesi. Mentre Marco faceva di scatto, progressione e dinamicità in fascia le sue armi migliori da centrocampista, il “vecchio Silvio”, pur alla soglia del mezzo secolo, in difesa ci metteva sempre calma, mestiere, posizione, rinvii lunghi e capacità di “raffreddare” il ritmo degli avversari. In più qualche punizione maligna, scodellata al momento giusto, che non guasta mai. Una sorta di allenatore in campo, autentico “braccio destro” dell’amico mister Massimo Mazzoli, a sua volta tecnico di lunghissimo corso.
EREDITÀ
Poteva forse finire con loro, la lunga storia dei Cesaratto, calciatori “doc” per l’undici del campanile? No di certo. La passione era stata trasmessa a Gabriele, insieme ai geni di famiglia, che poi ci aveva messo del suo. Con un unico, piccolo grande cruccio: sarebbe stato costretto a saltare il grande esordio del 7 ottobre, non avendo ancora compiuto gli anni, e risultando quindi troppo giovane per le norme federali. Non importa: una settimana dopo era pronta per lui una casacca da titolare, insieme agli altri piccoli amici di sempre, quelli dei lunghi allenamenti estivi. Una banda invincibile.
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