Torna l'acciaio in Friuli Venezia Giulia dopo lo stop causato dal blocco navale russo all'imbocco del Mar d'Azov (costa ucraina) e dalla guerra.
LA SVOLTA
Brasile, Cina (con alcuni limiti), Indonesia e India. Quindi gran parte dell'Asia e il gigante dell'America latina. Ecco da dove stanno arrivando le navi cariche d'acciaio che in Friuli Venezia Giulia vanno a sostituire le forniture che partivano da Mariupol, fino a un mese fa importante porto per la metallurgia europea e adesso città martire devastata dalla guerra. La destinazione delle maxi-imbarcazioni è sempre la stessa: il porto di Monfalcone per poi risalire verso lo sbocco di Porto Nogaro, in provincia di Udine, dove c'è il laminatoio più operoso della regione. Il problema però è immediato e di difficile soluzione. Semplicemente, le navi che arrivavano da Mariupol attraverso Mar Nero, Egeo e Adriatico, erano prefette per gli scali del Friuli Venezia Giulia. Quelle che stanno arrivando ora, invece, sono decisamente più grandi. Si passa da 20 mila a 40 mila tonnellate di carico. Il doppio. Quindi di fatto il porto di San Giorgio di Nogaro (sull'Aussa Corno), risulterà impossibile da raggiungere via nave. «Si dovrà puntare su Monfalcone», spiegano dall'Autorità portuale. E poi? Da Monfalcone il carico dovrà proseguire con altri mezzi verso il laminatoio. Quindi chiatte ma anche trasporto su gomma. Un'operazione dispendiosa. Tutto perché il dragaggio del canale che conduce a Porto Nogaro è ancora fermo. L'area risulta sequestrata. Uno sblocco dell'operazione è previsto entro l'estate o al massimo in autunno. Ma sino a quel momento le difficoltà saranno evidenti.
COSTI E FUTURO
Non c'è solo il problema della logistica, nella partita per l'approvvigionamento dell'acciaio in Friuli Venezia Giulia. Il materiale che sta arrivando da Brasile, India e Indonesia, infatti, ha costi (anche e soprattutto quelli di trasporto) nettamente superiori rispetto al materiale che invece arrivava direttamente dai porti dell'Ucraina, ora chiusi. Le forniture sono fondamentali per evitare che le grandi aziende siderurgiche ed energivore della regione (si pensi alla Pittini, ma anche all'Abs) possano decidere nuovamente di imporre degli stop momentanei alla produzione, come accaduto nel recente passato. L'incidenza sui ricavi, però, si prevede possa essere notevole.
C'è poi anche un allarme che riguarda il futuro a medio-lungo termine della filiera legata all'acciaio. Lo lancia il sindacalista Cristiano Pizzo della Cisl. «La crisi ucraina sarà con ogni probabilità lunga. Non finirà domani. E anche se la guerra, come ci auguriamo tutti, dovesse terminare a breve, le forniture da un Paese devastato dalle bombe non potranno riprendere in breve tempo». Come dire che la virata verso l'acciaio di altri Paesi, con tutte le difficoltà logistiche ed economiche che iniziano già ad affiorare in questi giorni, sarà se non permanente almeno prolungata. Il territorio, quindi, deve attrezzarsi per non far durare il periodo dell'emergenza più a lungo rispetto a quanto dovuto. Altrimenti nuove chiusure - temporanee e non - saranno purtroppo inevitabili.