«Unica donna al lavoro, ho lottato per la parità». La veterinaria igienista Nadia Lago si racconta

Ha dedicato la vita all'amore per la natura e gli animali. Oggi si gode i libri e i suoi gatti, ma è in prima linea anche per diffondere la cultura del bonsai

Mercoledì 6 Marzo 2024 di Maria Pia Codato
«Unica donna al lavoro, ho lottato per la parità». La veterinaria igienista Nadia Lago si racconta

PADOVA - Per molti anni è stata colei che controllava e certificava che gli alimenti di origine animale in arrivo sulle tavole padovane fossero a norma di legge. Lo ha fatto in veste di veterinaria igienista per l'Ulss, ma la sua passione per gli animali e la natura è nata molto prima di conseguire la laurea, quando era ancora bambina e già si prendeva cura dei gatti.

Ai quattro zampe, al loro mondo e alle piante Nadia Lago ha dedicato infatti l'intera vita.


In cosa consisteva la sua attività di veterinaria igienista?
«A un incontro in una scuola primaria un bambino mi chiese: "Ma se non curi gli animali, che veterinaria sei?". Risposi che il mio lavoro consisteva nel garantire che tutti gli alimenti di origine animale di cui ci nutriamo fossero sani. La maestra disse "Ecco ragazzi, quando mangiate una bistecca è la dottoressa che assicura che sia sana". Così io spiegai che controllavo anche gli spiedini, il prosciutto, il burro, i formaggi, i gelati, i tortellini che contengono carne perché, se escludiamo frutta e verdura, quasi tutto il resto ha almeno un ingrediente di origine animale. Anche i miei figli quando erano piccoli non capivano bene in che cosa consistesse il mio lavoro finché non li portai in uno stabilimento che produceva tramezzini, dove hanno assistito al mio controllo».


E adesso si prende cura dei suoi gatti...
«Sì, la mia famiglia felina attualmente è più numerosa della mia famiglia umana e si compone di sette gatti, abbandonati da cuccioli da persone disumane in sacchetti di plastica, gettati da auto in corsa o direttamente al cancello di casa mia. Vorrei invitare i proprietari a sterilizzare i propri animali perché è davvero una crudeltà abbandonare dei cuccioli».


La sua lunga carriera è però stata scandita anche da una intensa attività per la parità di genere...
«Quando ho iniziato a lavorare al Servizio veterinario ero l'unica donna tra tanti uomini. Quel che contava era dimostrare che potevo fare tutto quello che facevano i miei colleghi. Andavo nelle stalle per le campagne di profilassi della Tbc e Brucellosi».


Ricorda qualche aneddoto?
«Uno dei primi comuni che mi sono stati assegnati era quello in cui vivevo: tra le stalle ce n'era una con 50 bovine libere in recinti esterni. Un giorno mi sono recata lì, un po' preoccupata perché andavano prese una ad una. Il lavoro si è svolto senza alcun intoppo, ma ho avvertito la diffidenza dell'allevatore, espressa il giorno dopo anche a mia madre. Erano preoccupati perche ero una ragazza. Negli anni successivi si sono aggiunte altre colleghe e abbiamo dovuto dimostrare che il lavoro è lo stesso, ma la persona che lo svolge ha una propria identità».


Lei è anche presidente dell'Associazione Euganea del Bonsai di Padova, di cosa vi occupate?
«È stata costituita nel 1996, con sede all'istituto agrario San Benedetto da Norcia, e si prefigge di diffondere la conoscenza dell'arte del bonsai amatoriale attraverso pubblicazioni, corsi, esposizioni, escursioni, contatti con scuole e associazioni. Nelle mostre che organizziamo non assegniamo premi perché non crediamo nella competizione ma nella condivisione, secondo il motto "Se si condivide si vince sempre"».


Cosa l'ha attratta di questo curioso e antichissimo mondo?
«Mi sono avvicinata a quest'arte perché affascinata dal fatto di poter avere sul davanzale un albero che vive le stagioni, fa i fiori e fruttifica. Il bonsai si ottiene applicando cure costanti e appropriate di potatura della chioma e dell'apparato radicale a una pianta coltivata in un piccolo vaso. Ho studiato anche il pensiero giapponese su quest'arte. Ci sono piante semplici, come un giovane olmo, e piante difficili da coltivare come un vecchio pino. Se non si hanno le competenze adeguate si rischia di rovinare anni di lavoro. Col tempo mi sono accorta di aver appreso tanto dal mio olmo: è diventato bello, ma anche chi lo ha coltivato è diventata una persona migliore che gioisce per una fioritura abbondante, per le colorazioni dell'autunno, per le gemme che si schiudono in primavera. Ed è importante avere un maestro che spieghi la tecnica per ottenere il risultato migliore».


E lei lo ha trovato questo maestro?
«Per me è stata l'Associazione Euganea del Bonsai, di cui faccio parte dalla fondazione. La più grande realtà del Nord Italia, costituita quasi per metà da donne, il che significa scelta di piante, modi di coltivazione e risultati diversi da quelli degli uomini. Esserne presidente è per me motivo di orgoglio. Siamo un gruppo affiatato».


Si definisce anche un'accanita lettrice...
«Quando ero alle elementari durante le vacanze, ogni mercoledì, giorno di mercato, la mamma mi comprava un libro e io aspettavo con ansia il suo ritorno per leggerlo tutto d'un fiato. Ora leggo manuali riguardanti il mio lavoro, saggi sul Giappone e i bonsai e libri gialli».

Ultimo aggiornamento: 15:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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