Fine dell'incubo: svuotate le Rianimazioni, il peggio alle spalle

Martedì 9 Giugno 2020 di Gabriele Pipia
Fine dell'incubo: svuotate le Rianimazioni, il peggio alle spalle
PADOVA - Sono le 16.34 di martedì 5 maggio. Il peggio sembra alle spalle, ma dagli occhi del personale della Terapia intensiva di Padova trapela ancora grande tensione. Poi, all’improvviso, parte un applauso scrosciante. Poco dopo un altro e un altro ancora. In corsia passano le barelle di due uomini di 74 e 66 anni. Erano ricoverati in gravissime condizioni dal 27 febbraio, hanno sconfitto il Covid e sono appena stati dimessi. «Grandi, grandi» gridano medici e infermieri facendo la passerella. È un momento simbolo, quello che ad un mese di distanza tutti ricordano con emozione. Oggi nel reparto dell’Azienda ospedaliera non ci sono più pazienti contagiati: solo tre uomini già negativi al tampone. Ne è rimasto un quarto, anche lui non più positivo, all’ospedale di Schiavonia. Dal picco di metà marzo al sospiro di sollievo di giugno: le Rianimazioni si sono riempite sfiorando il collasso per poi svuotarsi progressivamente da aprile ad oggi. E ora la tabella della Regione segna, per tutte le Terapie intensive della provincia di Padova, lo stesso dato: zero pazienti positivi. 
LA TESTIMONIANZA
Ivo Tiberio, 59 anni domani, guida un reparto di 100 persone e non potrà mai scordare questo periodo. «Oggi abbiamo tre ricoverati negativizzati. Dai primi di maggio non abbiamo più ingressi di pazienti positivi» racconta dopo un lungo sospiro di sollievo. La Terapia intensiva torna metaforicamente a respirare, dopo aver realmente restituito la respirazione ad una lunga serie di persone. «Da un paio di settimane - prosegue il direttore della Rianimazione centrale, che conta 18 posti letto - abbiamo ripreso a seguire qui da noi anche i pazienti non Covid. Nel periodo peggiore la nostra Rianimazione e le altre due dell’Azienda ospedaliera, che contano complessivamente 39 posti, hanno rischiato la saturazione. Per un paziente che usciva ce n’era sempre uno che entrava. Sono stati tre mesi davvero intensi, a dir poco impegnativi». Tre mesi in cui sono passati 90 pazienti nelle varie Terapie intensive, 53 in quella centrale. «Ricordo le storie di tutti, uno per uno» sorride Tiberio prima che sul suo volto compaia una smorfia di tristezza: «Purtroppo - chiude gli occhi - ne abbiamo visti anche morire dieci». 
IL FUTURO
Se si guarda indietro il direttore vede «gli sguardi di tutte quelle persone. Sguardi di paura e di incertezza». Se guarda avanti, invece, usa toni fiduciosi. «Non possiamo dire se il virus sia clinicamente sparito o no e non voglio fare previsioni. Ma guardo i dati di fatto e dico che per fortuna la pressione sulle Rianimazione si è azzerata e di casi gravi non ne abbiamo più visti. Arrivare a giugno così era una speranza. Certo, dobbiamo continuare ad avere la massima prudenza. Intanto devo ringraziare tutti: medici, infermieri, personale sociosanitario. Vanno omaggiati tutti, dai dirigenti medici agli specializzandi». Adesso in quel reparto dove c’erano solo pazienti Covid troviamo chi ha fatto un incidente stradale e chi è rimasto intossicato, chi ha avuto un ictus e chi una brutta emorragia. Un ritorno alla normalità. Dura e spesso triste, ma pur sempre normalità. 
Accanto al dottor Tiberio c’è la coordinatrice infermieristica Michela Marca: «L’inizio dell’emergenza è stato il momento più difficile perché non sapevamo cosa avevamo davanti. C’era paura - spiega - ma dovevo pensare anche a tranquillizzare tutti. Non potevo essere io a cedere. Il ricordo più bello è stato senza dubbio la doppia passerella per i dimessi, erano qui da oltre due mesi». E mentre medici e infermieri applaudivano, uno dei due ha trovato la forza di alzare un pollice e rivolgersi a loro con un filo di voce: «Dovrei essere io ad applaudire voi». 
Gabriele Pipia
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Ultimo aggiornamento: 15:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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