Scoppia la febbre del calcio balilla:
in 300 si sfidano per il titolo italiano

Domenica 5 Ottobre 2014 di Daniele Pagnutti
Sfide al campionato di Sant'Angelo di Piove
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PADOVA - C'erano l'operaio, l'impiegato, l'autotrasportatore e chi cerca di sopravvivere lavorando in un call center. Ma anche il dirigente di banca o l'imprenditore col suv, che per l'occasione non portavano la cravatta. A Sant'Angelo di Piove (Padova) - dove nel weekend si è svolto il campionato nazionale di calcio balilla dell'Us Acli-Cbi - c'era anche il programmatore di computer che vuole «ritrovare la dimensione umana del gioco». E naturalmente c'erano parecchi pensionati.

Ed è chiaro il perché: il calcio balilla è cosa loro, dei loro tempi. Di quando erano giovani e portavano le magliette a strisce (di moda negli gli anni '60) e lo chiamavano per brevità «biliardino»; un po’ per comodità, un po’ perché la definizione «calcio balilla» sapeva di Ventennio e la guerra era ancora un ricordo ancora troppo fresco.

Circa trecento giocatori, fra i più forti della Penisola, si sono sfidati nel Padovano per uno dei tanti titoli tricolori assegnati in Italia. Ci sono sei regolamenti vigenti ed almeno altrettante organizzazioni (dalla federazione agli enti di promozione sportiva) che si occupano di biliardino. Un movimento che sta vivendo un secondo boom, dopo quello degli albori, quando non c'erano computer e giochi elettronici. E che ha rotto un tabù: era uno dei templi dei passatempo maschili, adesso è frequentato da un sacco di donne, soprattutto ragazze, spesso trascinate dai morosi e magari diventate più brave dei loro compagni.

Come la romagnola Elisa Ortu, 38enne di Bellaria, dove fa la commessa di intimo in un grande magazzino; molti la ritengono la più forte giocatrice italiana ed infatti a Sant'Angelo ha vinto il titolo nel singolo femminile. «Mi sono appassionata per caso una decina di anni fa: un amico doveva giocate un torneo di misto e aveva bisogno di una compagna. La cosa mi è piaciuta e ho cominciato a frequentare i bar dove si giocava; all'inizio venivo guardata con benevolenza, ma quando ho cominciato ad essere brava sul serio la cavalleria è scomparsa... C'è una gran differenza fra il nostro gioco, che è più tecnico, con quello maschile, molto più basato sulla potenza». Ciò nonostante le capita di «suonarle» anche agli uomini: «Con quelli molto bravi è difficile, perché la forza fisica fa la differenza, ma con quelli solo bravini mi prendo le mie soddisfazioni. Per me il biliardino è solo un gioco, non un succedaneo del calcio, che tra l'altro non mi piace proprio».

Per molti uomini invece il legame fra le due cose è diretto; soprattutto per i veterani di una certa età. Claudio Baragioli, 61enne di Novara e metalmeccanico in pensione, è uno dei «santoni» del calcio balilla. È stato a lungo fra i «fortissimi» del gioco, ma oggi gira l'Italia per divertirsi nei tornei; i giovani (soprattutto le ragazze per la verità) lo adorano per la disponibilità ad insegnare tutti i trucchi del mestiere: «Questa è una droga, ma non è nociva; chi comincia a giocare non smette più: io lo faccio da quasi cinquant'anni. Mi piace la competizione, ma soprattutto l'atmosfera e l'amicizia. Poi, sia chiaro, in gara è tutta un'altra storia e si gioca per vincere, anche se io ho perso il conto dei titoli. Qui sono arrivato secondo fra gli over 50, ma ero davvero stanco per aver partecipato all'allestimento della sala».

A Sant'Angelo hanno giocato su 40 biliardini, ce n'era perfino uno da 11 giocatori per parte, dove la partita si gioca con 5 palline contemporaneamente in campo (lungo sei metri); una cosa demenziale, ma divertente. Il clima era quello degli sportivi puri, ma non si creda che dappertutto sia così: «In Campania - spiega Onofrio Gazzea dell'Us Acli - si vendono più biliardini che altrove, ma nei locali pubblici non si trovano. Finiscono in bische private, dove si gioca a soldi, tanti soldi». Ma quello è un altro mondo: «Qui al massimo ci si sfida per un caffè, o una birra. Meglio così».
Ultimo aggiornamento: 6 Ottobre, 11:14

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