Malattia rara. Miriam, la poetessa padovana che non può usare le mani

Lunedì 28 Gennaio 2019 di Gabriele Pipia
Miriam Madrone
PADOVA - Con la testa si può fare tutto, e questa volta non è solamente un modo di dire. Si può reagire di fronte alle grandi sfortune della vita e si può trovare la forza per scrivere il proprio libro dei sogni. Miriam Madrone di Curtarolo ne è la perfetta dimostrazione. Ha una malattia rara che le impedisce di utilizzare le mani, ma è appena riuscita a pubblicare un libro con le proprie poesie. Usando la testa, appunto. Miriam compirà ventotto anni il prossimo 8 marzo, proprio il giorno della Festa della Donna. La sua è una straordinaria storia di tenacia e volontà perché questa giovane e sorridente poetessa riesce a scrivere utilizzando un particolare pulsante premuto con la testa, che le consente di scegliere le lettere dell'alfabeto. In questo modo forma parole, frasi, discorsi. Ogni suo gesto è naturale, ma chi la conosce bene la definisce una ragazza davvero speciale. 
 
Il libro si intitola Macchie di comunicazione libera, edizioni Bertato, e racchiude quaranta piccole opere composte da lei stessa negli ultimi anni e trascritte proprio utilizzando quell'inseparabile joystick. 
LA DIAGNOSICresciuta nel piccolo comune dell'Alta Padovana, diplomata al liceo scientifico, Miriam fin da quando era bambina ha sempre desiderato una cosa: scrivere, scrivere e ancora scrivere. A diciotto mesi dalla nascita le è stata diagnosticata un'emiplegia alternante, rara malattia dello sviluppo neurologico in grado di condizionare una persona per tutta la vita. Ma lei non si è mai arresa. «Fino a dieci anni riuscivo a scrivere con le mie mani quaderni interi, camminare senza problemi e parlare in modo svelto e sciolto spiega la ragazza -. Quando le distonie si sono presentate ho dovuto accettare di essere diversa. Non mi sono però arresa davanti agli ostacoli. Negli ultimi anni ho fatto un percorso che mi ha cambiata, maturata e fatto crescere molto. Ora cerco di fare comunque tutto il possibile per vivere al meglio e intanto voglio capire sempre di più di questa malattia».

COME UNA LIBELLULA
Il libro è stato pubblicato grazie alla collaborazione dell'associazione Ancora e del Centro disabili motori di Camposampiero, la struttura dove la ragazza ha sviluppato il metodo per valorizzare quelle lei stessa chiama «piccole autonomie». 
In una delle sue poesie, intitolata Libera, Miriam sintetizza perfettamente lo spirito con cui ha reagito alla malattia e con cui ora intende affrontare la vita. «Voglio essere come una libellula, leggera e semplice. Volare equivale a sognare oltre le nuvole alla ricerca di un filo di seta che colleghi i desideri in un soffio di vento che lascia i brutti ricordi. Attraverso i difficili giorni rincorro un inizio diverso nella mia libertà. Si può essere liberi anche nel carcere di un corpo inabile, resta solo il sorriso che hai nel cuore e negli occhi». Già, quel sorriso entrato subito nel cuore degli educatori della Casa Gialla di Camposampiero e di chiunque abbia avuto il piacere di incontrarla. 
Ultimo aggiornamento: 14:36 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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