Il barista disobbediente non vuole chiudere: "O lavoro o vado a rubare"

Mercoledì 28 Ottobre 2020 di Luca Marin
Il titolare dell'Osteria N.1 Manuel Trevisan
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CAMPOSAMPIERO - «Ho deciso di tenere aperto il mio locale dopo le 18 perché ho un figlio da mantenere, un affitto da pagare e devo continuare a vivere. Se chiudo non ho una rendita e non posso andare a rubare. Lo Stato mi aiuta? Potrebbe, non dico di no. Io però delle promesse non so che cosa farmene: quando i fornitori mi chiamano per pagare, cosa faccio? Chiamo Conte?. Michele Trevisan, gestore da un anno e mezzo dell’Osteria Numero Uno a Camposampiero, in piazzetta Dante, dietro il Municipio, è a dir poco contrariato per la decisione del governo di chiudere anzitempo i locali pubblici come bar e ristoranti. Arrabbiato con tutti e disperato per la situazione che si è venuta a ripresentare con il Covid-19.

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LE MOTIVAZIONI
Michele ha un bimbo di quattro anni e per lui è disposto a disobbedire all’ordine di chiusura come previsto dall’ultimo Dpcm. «Non ho alternative a tenere aperto - afferma - Io vendo vino, capesante e cicchetti: la mia clientela consuma dal tardo pomeriggio in poi fino alla sera, non certo fino alle sei. Io non voglio e non posso morire perché hanno deciso di non farmi lavorare: ho un bambino da mantenere e se non gli garantisco da mangiare il tribunale me lo toglie. Cosa me ne faccio dei 1200 euro che in due tranche ho ricevuto dal governo nei mesi precedenti? Non mi interessano le conseguenze della mia decisione - dice ancora Trevisan - Mi sono sempre comportato bene, ho rispettato e fatto rispettare le regole nel primo lockdown e la mia coscienza è a posto. Dalla riapertura seguo le disposizioni: no assembramento, distanza di sicurezza di almeno un metro e gel igienizzanti all’ingresso. Anche i clienti, finalmente ritornati dopo la prima terribile chiusura di marzo e aprile, sono attenti a non infrangere le regole.
LA RABBIA
Michele Trevisan è un fiume in piena. «Proprio non riesco a capacitarmi del fatto che il problema sia solo in certi locali pubblici - aggiunge - Perchè un tabacchino o un negozio di alimentari non chiude come noi? Sia le sigarette che il cibo si possono trovare tranquillamente in un supermercato. E allora? Perchè solo noi esercenti di bar e ristoranti dobbiamo chiudere le serrande? Il governo ha garantito che ristorerà chi è costretto a chiudere? Magari fosse vero e, nel frattempo, io e mio figlio con che soldi viviamo?».
Il gestore della cicchetteria in piazzetta Dante è sicuro che l’emergenza non finirà il prossimo 24 novembre, termine fissato nel decreto del presidente del Consiglio Conte, e rialzarsi sarà durissima. «La mia osteria dopo il confinamento di alcuni mesi fa era ridotta male - sostiene Trevisan, che ha comprato casa a Camposampiero per avvinarsi al luogo di lavoro - Proprio ora che ci stavamo riprendendo è arrivata questa tegola che rischia di ammazzarmi. Non voglio tornare indietro, non è giusto e soprattutto non è sostenibile». Trevisan da anni gestisce locali in provincia (ha lavorato per un periodo anche al Caffè Kofler a Padova) e non crede nemmeno alla solidarietà dei colleghi del settore. «Gli altri titolari hanno paura e non si vogliono esporre - accusa - Io non ho nulla da perdere e andrò fino in fondo. L’alternativa, per vivere, è andare a rubare. Lo faccio per mio figlio.
 

Ultimo aggiornamento: 08:19 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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