Baldo, il trevigiano che ha tesserato Jacobs nelle Fiamme Oro: «Nessuno si era accorto di lui, l'ho aiutato ad uscire dalla buca»

Lunedì 2 Agosto 2021
Il direttore tecnico delle Fiamme Oro Sergio Baldo e Marcel Jacobs

TREVISO - Marcell Jacobs, l'uomo che è entrato nella storia della sport azzurro vincendo i 100 metri all'Olimpiade di Tokyo, ha uno scopritore trevigiano. Il roncadese Sergio Baldo, direttore tecnico delle Fiamme Oro Padova, società per la quale dal 2014 gareggia lo sprinter azzurro, è l'uomo che per primo ha intravisto in Marcell qualità fuori dal comune e l'ha tesserato sette anni fa, avviandolo alla carriera professionistica.

Era il 2013, all'epoca il 19enne Jacobs si dedicava soprattutto al salto in lungo e in una gara indoor ad Ancona l'occhio del tecnico e dirigente trevigiano, ex saltatore in alto di ottimo livello (2.22 di record personale, prima di chiudere la carriera anzitempo a causa di un infortunio), oggi anche vicepresidente federale, fu colpito dalla sua velocità.

«Da saltatore in lungo -spiega Baldo- Marcell era rapido, ma scoordinato: sbracciava, il bacino restava basso. Quando lo notai ad Ancona aveva 19 anni, saltava attorno ai 7.70 e non emergeva rispetto ai coetanei. Per capirsi, non era Andrew Howe né Larissa Iapichino, talenti assoluti che anche un cieco vedrebbe nati per il salto in lungo. Però decisi di dargli fiducia, di vedere se da un atleta tanto veloce poteva uscirne qualcosa di buono. L'anno dopo, nel 2014, Marcell è entrato alle Fiamme Oro e ricordo che, a differenza di altre volte, sul suo nome non si è acceso alcun inseguimento da parte degli altri gruppi sportivi militari. Nessuno si era accorto di lui». 
 

IL CAMMINO

Il cammino della nuova freccia mondiale, che a Tokyo, in tre turni di gara, ha portato il record italiano da 995 a 980, stabilendo anche per due volte il record europeo, non è stato né semplice né lineare. «Abbiamo dovuto fare delle scelte, anche sofferte, che lui da solo probabilmente non avrebbe mai preso. La prima è stata cambiare allenatore, passando da Gianni Lombardi, che per Marcell era quasi un secondo padre, a Paolo Camossi.

Questo ha implicato il trasferimento da Desenzano del Garda a Gorizia prima e a Roma poi, dove Marcell ha trovato le migliori condizioni per allenarsi. La svolta successiva è stata la decisione di abbandonare il salto in lungo, specialità che gli dava problemi al ginocchio, e dedicarsi esclusivamente alla velocità. Ho cercato di stargli vicino e di consigliarlo per il meglio. I risultati di questa stagione non arrivano dal nulla, ma sono frutto di scelte che si sono rivelate esatte. E anzi la storia di Marcell, che è arrivato dove è arrivato, superando mille difficoltà, può essere d'ispirazione per molti atleti: anche nei momenti più bui, dove le difficoltà sembrano insuperabili, c'è sempre un motivo per provarci». 

Difficile anche per Baldo immaginare che Jacobs potesse arrivare all'oro olimpico. «L'ho sentito prima della finale. Era tranquillo, consapevole delle sue possibilità e del fatto di essere arrivato a Tokyo al massimo della forma: tutti i test d'allenamento, sia per la partenza che per la fase lanciata, dicevano che a Tokyo avremmo visto il miglior Jacobs di sempre. Poi, però, lui ci ha messo del suo, facendo qualcosa di inimmaginabile: pensavo che avrebbe potuto correre in 990/992, non certamente in 980, vincendo l'oro».


I SEGRETI

Il segreti di questo progresso? «È migliorato nella testa e nella tecnica di corsa. Nella testa, perché in passato soffriva troppo le gare importanti, dove non riusciva mai a rendere al meglio, e adesso invece è un vincente. E nella tecnica, perché ha finalmente completato la metamorfosi da lunghista a velocista. Marcell ha un piede molto lungo, un 46, che può diventare un formidabile mezzo di propulsione, se usato correttamente. Solo che lui, sino a tre anni fa, ragionava esclusivamente da lunghista. I 100 sono un'altra cosa». Jacobs è un tipo caratterialmente tranquillo: non quello che ci si aspetterebbe da un atleta chiamato ad esprimersi in pista sul filo dei nervi.

«L'aspetto esteriore, i tatuaggi, lo fa immaginare più esuberante. In realtà, è un ragazzo modesto e timido, di non molte parole, molto legato alla sua famiglia. Ha un grande cuore. Sono sicuro che in futuro ci darà altre soddisfazioni». 
C'è ancora una suggestione trevigiana nella storia di Marcell Jacobs. Il goriziano Paolo Camossi, ex campione di salto triplo, che da tecnico ha guidato il fuoriclasse azzurro al trionfo olimpico, è sposato con Giada Gallina, ex velocista, una ventina di volte in Nazionale nella prima metà degli anni '90. Per diverse stagioni, la numero uno dello sprint azzurro. Giada, oggi 48enne, è nata a Montebelluna, anche se non ha mai calcato le piste trevigiane, perché la sua carriera è arrivata ai massimi livelli dopo che la famiglia Gallina si era trasferita a Gorizia. Chissà se le sue esperienze di velocista d'alto livello sono tornate utili al marito per forgiare il fenomenale Marcell Jacobs, nato con il sogno di emulare Carl Lewis sulla buca del lungo e invece ritrovatosi a vestire i panni del nuovo Usain Bolt.
 

Ultimo aggiornamento: 11:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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