Padova. Giustina Destro si racconta: «Impresa, città e scienza: i miei primati da donna»

Già al vertice di Confindustria, è stata la prima sindaca di Padova e oggi guida la Fondazione Vimm

Lunedì 5 Giugno 2023 di Edoardo Pittalis
Giustina Destro

PADOVA - Per portare in vacanza la sua numerosa famiglia, il commendator Piero Mistrello, editore di testi sacri, noleggiava due Seicento Multiple sulle quali partivano da Padova lui, la moglie, la domestica, le otto figlie e tutti i bagagli. I due taxi verdi e neri salivano verso le Dolomiti e, per le soste, si aprivano le portiere che allora non erano controvento e scendevano le otto ragazze. Capitava che i clienti seduti ai tavolini dei bar sulla strada principale commentassero tra il divertito e il preoccupato: «Non è possibile, ancora un'altra!». Poi le utilitarie familiari col muso schiacciato ripartivano. Giustina Destro, padovana, 78 anni tra pochi giorni, è la settima di quell'esercito femminile. Una vita intensa: industriale, la prima donna ai vertici della Confindustria, primo sindaco donna nella città del Santo, parlamentare; oggi è presidente di un'eccellenza della ricerca scientifica per la cura dei tumori, il Vimm (Istituto veneto di medicina molecolare).

Una Fondazione nella quale lavorano 19 scienziati e 230 giovani ricercatori.

È stato complicato crescere in una casa di donne?
«Eravamo davvero tante. Mio padre, che veniva da una famiglia cattolica, era molto legato alla Curia e alla Dc, era amico di Luigi Gui. Papà era editore, stampava per il Vaticano breviari, messali, libri di meditazione. Mamma, Clara Ravazzolo, era figlia del direttore della sede della Banca d'Italia. La domenica andavamo tutti in Duomo alla messa cantata. A tavola per parlare bisognava chiedere il permesso. La vita tra otto sorelle è stata bella, anche se complicata; vivevamo in un appartamento non grande, dormivano tre per stanza e la mattina c'era la corsa al bagno. Si andava in ferie solo in montagna perché mio padre era un rocciatore e uno sciatore. Dormivamo nei rifugi, alle cinque la sveglia, tutte fuori a vedere l'alba. Io ho visto il mare per la prima volta a 19 anni».

Come ha trovato una strada diversa da quella di tutte le sorelle?
«Mio padre era bravissimo a individuare in ogni figlia le caratteristiche e le attitudini; capiva le nostre diversità, i limiti e anche i talenti. Come editore per crescere doveva cercare un partner straniero e lo trovò in Germania. Io che frequentavo il liceo linguistico e studiavo il tedesco, a 16 anni sono stata messa sul treno per Monaco di Baviera, era la prima volta che viaggiavo da sola, era anche un atto coraggioso da parte di mio padre. Il nostro partner aveva lo stabilimento a Colonia, è stata la mia prova di maturità. Ero molto legata a mio padre, grazie a lui ho potuto fare il percorso più vario anche rispetto alle mie sorelle. La mamma è vissuta fino a 103 anni, lucidissima e con la capacità di metterci tutte insieme nei momenti giusti. Nel 1972 ho sposato Nereo Destro e dal matrimonio sono nati Leopoldo e Andrea. Aveva acquistato l'azienda Aristoncavi e voleva che lo aiutassi, ma non capivo niente di bilanci, così per due anni ho seguito i corsi di formazione del Cuoa. Da sette dipendenti siamo passati a 140, l'azienda che produceva cavi con la spina è cresciuta a livello internazionale tanto che nel 1997 il nostro più grande concorrente è entrato in società e poi ha preso tutto».

È incominciata allora l'esperienza in Confindustria?
«Frequentavo l'associazione padovana, quando il presidente Luigi Finco mi disse: "Senti tosa, semo tuti omeni, devi entrare in consiglio". E così diventai la prima donna della Confindustria padovana e nel 1993 entrai in giunta nazionale a Roma, prima donna in assoluto: è stata un'emozione enorme, c'erano Agnelli, Pirelli, De Benedetti Tre anni dopo Giorgio Fossa mi nominò vicepresidente nazionale per la piccola e media impresa, ho incominciato a girare l'Italia, ho potuto conoscere bene il tessuto economico e sociale, il mondo sindacale. Un percorso prezioso per le mie esperienze successive, a incominciare dal Premio Campiello che ho rinnovato inventandomi il Campiello Giovani».

Quando è diventata sindaco di Padova?
«Nel 1998 mi proposero la candidatura a sindaco di Padova: i primi a farlo furono Luigino Rossi, industriale della calzatura, e l'ex rettore Bonsembiante. Ma la molla che mi ha fatto decidere è stata la telefonata a sorpresa dell'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che mi invitò a Roma. Lo incontrai in casa di Pippo Marra, presidente di un'agenzia di stampa, e c'era pure Giuseppe Tatarella, uno dei padri di Alleanza Nazionale. Abbiamo parlato per due ore, alla fine Cossiga mi ha salutato: "Sai cosa ti dico, puoi andare, noi ci siamo". Ero consapevole di non saper niente su come fosse organizzato un Comune, così ho chiesto l'aiuto di due consiglieri dell'opposizione che per mesi ogni mattina sono venuti a casa a darmi lezione. Non volevo presentarmi nuda e cruda di fronte a Zanonato che era un avversario preparato e forte. Ho condotto una campagna all'americana, grazie anche ai consigli giusti, in strada, nei mercati e nei grandi negozi in centro. Forse c'era la novità della donna che poteva diventare sindaco, la mia era una lista civica, ma era il momento d'oro di Forza Italia. Il primo successo fu costringere il centrosinistra al ballottaggio e questo li preoccupò non poco, i giornali nazionali mandarono inviati che raccontarono passo per passo la mia campagna. Dopo un faccia a faccia vivacissimo davanti a tv e giornali, capii che potevo farcela. Sono stata eletta sindaco nel giugno del '99 per 2.800 voti di differenza, ma a Padova è sempre una città politicamente divisa in due. Sono stata sindaco sino al 2004 ed è la più bella esperienza della mia vita: abbiamo concluso il restauro della Cappella degli Scrovegni, come consulente avevamo Vittorio Sgarbi, e il restauro del Palazzo della Ragione; abbiamo aperto il viadotto di Padova Est, affrontando il problema della grande viabilità. Poi il tram. Infine la quotazione in Borsa della Aps di Padova, l'azienda trasporti. Quando nel 2004 Zanonato è tornato sindaco, si è trovato un tesoretto».

Ormai la politica l'aveva conquistata?
«Avevo deciso di chiudere, ma Galan presidente della Regione volle affidarmi un ruolo nella progettazione del Passante di Mestre fatto in quattro anni. E nel 2006 Berlusconi volle candidarmi a tutti i costi, sono stata eletta deputato di Forza Italia. Vinse Prodi e noi per due anni abbiamo fatto l'opposizione; fino alle elezioni anticipate del 2009, quando sono stata rieletta. E arriviamo alla fase cruciale del 2011, la politica di Berlusconi non convince tutto il partito, lo contestiamo in 28, nella maggioranza ci sono contrasti. C'è la crisi internazionale, lo spread impazzisce, l'Europa pretende dall'Italia una manovra da 48 miliardi. Berlusconi sa che rischia in caso di voto. Noi dissidenti avvertiamo Gianni Letta, ma nella notte Verdini fa un giro e all'alba restiamo in nove! Il governo cade e arriva Mario Monti, io sono tra i sostenitori. La mia vita politica finisce in quel momento».

E adesso una nuova avventura?
«Restavo disponibile per qualcosa di profondamente diverso, come questo incarico, sono presidente da un mese. Quando mi hanno chiamato, la proposta coincideva con momenti drammatici: mio marito era stato colpito dall'Alzheimer e stava male. Al progetto della Fondazione sono legata dall'inizio. Questo centro di ricerca biomedica è nato 25 anni fa per la lungimiranza del professor Francesco Pagano, urologo di fama. C'era bisogno di sinergie, io ero nel cda di Antonveneta con Pontello e siamo stati tra i promotori del progetto. Qui si fa ricerca che serve per prevenire e anticipare le cure. Si punta a personalizzare la terapia e questo ha grande valore per i risultati. Grazie anche alla spinta del direttore scientifico, il professor Nicola Elvassore». 

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