PADOVA - Non la volontà di “contestare la veridicità del rapporto di filiazione (che sarebbe oggetto dell’azione di cui all’articolo 263 codice civile), ma unicamente la mera legittimità di tale atto”, cioè l’iscrizione all’anagrafe del Comune di Padova dei bambini figli di due mamme, quella biologica e quella di interesse. In sostanza è per rimettere le cose a posto da un punto di vista formale che il ministero dell’Interno e la Procura generale del Veneto hanno fatto reclamo contro il via libera dato a inizio marzo dal Tribunale di Padova.
Ricorso del Ministero, cosa dice
Il reclamo che ha portato in secondo grado la questione è costruito in punta di diritto e rievoca alla Corte veneziana quanto accaduto a Milano con il primo grado di giudizio che - come a Padova - ha dato ragione alle mamme arcobaleno, salvo poi accogliere le ragioni del Viminale in appello. “Deve ammettersi - si legge nel reclamo - che, in base all’ordinamento giuridico vigente, l’Ufficiale di stato civile del Comune di Padova non poteva validamente formare l’atto di nascita in questione (...). Al riguardo sarà sufficiente porre mente al fatto che - come si evince dalla sua lettura contestuale - anche la legge 40 del 2004 impone la diversità di sesso dei genitori del bimbo procreato attraverso procreazione medicalmente assistita. In particolare, deve evidenziarsi che l’articolo 5 afferma che possono accedere alle tecniche di procreazione medica assistita (Pma) coppie di maggiorenni di sesso diverso: limite che per espressa volontà e decisione della Consulta è rimasto anche quando è caduto il divieto di fecondazione eterologa”. Per poi continuare sul punto: “All’articolo 12, rubricato "divieti generali e sanzioni", esplicitamente si vieta il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita per coppie dello stesso sesso, prevedendo, per la sua violazione, una sanzione amministrativa di elevatissimo importo”, continuano i legali del ministero retto da Matteo Piantedosi. Per di più “gli atti di nascita - continua il ministero - si iscrivono nei registri, in capo al soggetto che effettua la dichiarazione, della condizione di paternità e maternità”. Da un punto di vista giuridico, il decreto del collegio civile di Padova non entrava nel merito della materia ma si fermava a un punto tecnico. A detta del Tribunale la Procura non poteva impugnare le 37 iscrizioni di bimbi con due mamme. “Carenza di legittimazione attiva del pm”, si legge in chiusura del decreto. Ciò che la Procura avrebbe potuto fare sarebbe stata solo un’azione di stato, come nel riconoscimento forzato di un genitore. Ma anche questo non sarebbe stato il caso. Citando la Cassazione, il collegio padovano scrive che “il procedimento di rettificazione degli atti di stato civile è ammesso solo nei casi in cui debba disporsi l'integrazione di un atto incompleto, o la correzione di errori materiali”.