Padova. Pfas, sale il rischio di infarto. La ricerca: «Le sostanze restano fino a 10 anni nell’organismo e si alza il colesterolo»

Mercoledì 27 Settembre 2023 di Elisa Fais
Padova. Pfas, sale il rischio di infarto. La ricerca: «Le sostanze restano fino a 10 anni nell’organismo e si alza il colesterolo»

PADOVA - La correlazione tra alti livelli di colesterolo nel sangue e composti perfluoro-alchilici (Pfas) potrebbe portare a un maggiore rischio di infarto nella popolazione residente nelle aree contaminate.

Lo dice lo studio sperimentale coordinato dal professor Carlo Foresta in collaborazione con il professor Alberto Ferlin, ordinario di Endocrinologia dell’Università di Padova e condotto con il professor Nicola Ferri, ordinario di Farmacologia, il dottor Luca De Toni e il dottor Andrea Di Nisio del Dipartimento di Medicina di Padova.

La ricerca mette in evidenza il meccanismo attraverso il quale Pfoa e Pfos, i più diffusi composti della famiglia degli Pfas, interferiscono con il processo di assorbimento cellulare del colesterolo dal sangue. L’inquinamento da Pfas è diffuso in tutto il mondo a causa del loro ampio impiego in prodotti di uso quotidiano. Si stimano più di duemila aree in Europa nelle quali la concentrazione ambientale di Pfas supera i livelli considerati di sicurezza per la salute umana. In Veneto le sostanze sono protagoniste del caso Miteni nelle province di Padova, Vicenza e Verona.

In sintesi, la ricerca ha dimostrato che queste sostanze interagiscono con la membrana delle cellule del fegato e ostacolano il normale assorbimento di colesterolo, incrementandone quindi i livelli circolanti. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista internazionale “Toxicology Reports”.

IL CONFRONTO

«È importante notare che questo effetto sembra sia dovuto a una ridotta plasticità della membrana cellulare, che impedisce la corretta funzionalità di tutti quei meccanismi di captazione del colesterolo - spiega il professor Foresta -. I risultati di questo studio permettono di comprendere il perché dell’aumento dei livelli di colesterolo ematici nelle popolazioni esposte: 57% rispetto al 27% della popolazione generale. È noto che l’ipercolesterolemia è il principale fattore di rischio per le cardiopatie ischemiche: infarto, ipertensione. Studi internazionali hanno dimostrato come Pfoa e Pfos comportino un aumento del 37% e del 54% rispettivamente di eventi cardiovascolari avversi».

Il professor Foresta, poi, aggiunge: «Avevamo già dimostrato in passato un altro meccanismo che poteva spiegare l’aumentata incidenza di eventi cardiovascolari nelle popolazioni esposte, che dai nostri studi potrebbe essere indotto dall’attivazione delle piastrine indotta dai Pfas, con conseguente facilitazione della formazione di trombi».

LA PROPOSTA

Le ultime evidenze aggiungono un ulteriore tassello al più ampio spettro di manifestazioni cliniche associate all’esposizione ai Pfas e riconosciute dalla ricerca internazionale (dalla fertilità alla poli-abortività, dall’osteoporosi alla riduzione della risposta immunitaria).

«Queste sostanze si accumulano in particolari organi (fegato, scheletro, sangue) e permangono in alcuni casi fino a 10 anni. L’abbattimento dei livelli di Pfas tanto nell’ambiente quanto nel sangue, diventa una priorità non trascurabile per la tutela della salute pubblica - precisa Foresta -. Oggi non sono ancora disponibili interventi terapeutici riconosciuti dalla comunità scientifica, ma il nostro gruppo di ricerca presso l’Uoc di Andrologia e Medicina della Riproduzione dell’Azienda Ospedale Università di Padova ha identificato sperimentalmente possibili forme di intervento basandosi sulle dinamiche di bioaccumulo. La nostra ipotesi è quella di drenare a livello intestinale i Pfas mediante l’uso di carbone attivo vegetale, rendendoli quindi eliminabili con le feci. Il carbone attivo vegetale a uso umano è una sostanza naturale in grado di trattenere al suo interno molte molecole, che già trova impiego nel trattamento di intossicazioni da farmaci e avvelenamenti alimentari, nonché per il meteorismo intestinale. Sarebbe opportuno che il problema fosse affrontato a livello istituzionale poiché la verifica clinica di questa ipotesi sperimentale, prima nel suo genere, potrebbe portare a dei risultati molto importanti».

Ultimo aggiornamento: 28 Settembre, 11:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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