Le medaglie, due figlie e un marito: Francesca Bortolozzi, una vita per la scherma

Mercoledì 7 Dicembre 2022 di Alberto Zuccato
Francesca Bortolozzi e il marito Andrea Borella

PADOVA - Francesca Bortolozzi è tra le donne più vincenti dello sport non solo padovano, ma italiano. Ha partecipando a tre Olimpiadi salendo sempre sul podio e, per i suoi meriti, è diventata perfino Commendatore. «Nessuno si rivolge a me con quel titolo e neanche ci tengo.

Invece mi farebbe piacere che in palestra i genitori degli atleti mi chiamassero Maestra invece che signora, ma succede raramente».

Tutta la sua vita, o quasi, è incentrata sulla scherma. «Volevo fare danza classica. Per assecondarmi mio padre mi ha portato alla Comini, ma quel giorno non era in programma la danza, ma la scherma. Mi hanno messo in mano un fioretto, non avevo neanche sette anni. Guido Comini era anche maestro di ballo oltre che di scherma e al giovedì pomeriggio nella sala si tenevano perfino dei tè danzanti». 

Altri tempi...
«Eravamo verso la fine del 1974. Che poi ero l’unica bambina in mezzo a un mucchio di ragazzini; forse anche per questo Comini, che era amico di mio padre Bruno, mi ha preso in simpatia e mi ha seguita con molta attenzione».

Ed è stato ripagato..
«L’ambiente mi è subito piaciuto, ci si allenava e ci si divertiva. Si cantava tutti insieme. Quando c’è stato il saggio di fioretto di fine anno, Guido Comini mi ha premiato con una coppa, la conservo ancora. Era già iniziato l’esodo di molti schermidori verso il Petrarca, dove c’era una sala nuova, più attrezzata. Comini soffriva molto per questa cosa. Io sono rimasta e nel 1978 ho vinto il campionato italiano giovanile di fioretto, cosa che ha reso il Maestro orgoglioso e felice. Poco dopo è mancato, sono contenta di avergli dato questa soddisfazione». 

Da lì ha avuto inizio una carriera favolosa. Quanto conta il talento? 
«Molto. Ma va allenato. Se non c’è massimo impegno, carattere, costanza, professionalità e passione il talento non basta. Da qualche anno le cose sono cambiate, non solo nella scherma ma in tutti gli sport, è diventata primaria la preparazione fisica. Così capita che un atleta di talento ma di non straordinarie qualità atletiche faccia molta più fatica di prima ad emergere». 

Lei è sposata con Andrea Borella, altro fuoriclasse plurimedagliato in pedana. Avete due figlie, Claudia e Laura, che fanno scherma. Avvantaggiate o svantaggiate? 
«Sono anni che me lo chiedo. Non abbiamo mai messo pressione alle nostre figlie che sono sempre state anche nostre allieve in palestra. Forse hanno temuto di non essere trattate come le altre, ma così non è stato. Laura, la più piccola, era arrivata fino alla nazionale Under 20, poi ha preferito dedicarsi allo studio e adesso è in Francia col progetto Erasmus. Claudia è brava, sta ottenendo buoni risultati, è nel giro della nazionale. Da un anno è andata a vivere per conto suo, tra poco si laurea in Lingue, letteratura e mediazione culturale qui a Padova», 

Da sportiva e da donna cosa ha provato e pensato quando ha sentito quelle brutte storie sulla ginnastica femminile?
«Argomento delicato. Faccio parte della giuria del premio letterario Memo Geremia indetto dalla Confcommercio e negli anni mi è capitato di leggere alcune autobiografie di ginnaste e in tutte c’erano riferimenti alle diete ultra rigorose e a trattamenti di violenza morale, per cui non sono rimasta sorpresa o stupita più di tanto. Piuttosto è rimarchevole che tale problematica sia emersa solo adesso». 

Francesca, cosa è cambiato rispetto quando gareggiava? 
«C’è più pressione, più stress. I social media fanno diventare personaggi, chi li usa ha spesso questo intento, ai miei tempi era più tranquillo, al di fuori dell’ambiente sportivo ero quasi una sconosciuta anche qui a casa mia, a Padova e forse vivevo meglio, più serenamente. Lo so, sono o sembrano, discorsi da vecchia, ma la penso così». 

Lei aveva un addetto stampa molto particolare: suo padre. 
«Vero. Mio papà faceva avere ai quotidiani padovani i risultati delle mie gare, portava anche le foto con scritto dietro “Da restituire”. Ho imparato tanto da lui, gli sono molto grata. E molto ho imparato da Andrea, mio marito. Ha qualche anno più di me, mi ha aiutato a migliorare come persona, come atleta e come donna. Sono i due uomini più importanti della mia vita». 

Abbiamo iniziato parlando della Comini, dove lei, smessa l’attività agonistica, è tornata come maestra. 
«Sono tornata nel 2006, ancora nella vecchia sala di via Cave, poi dal 2016, nell’attuale bellissima sede in via dei Colli. Abbiamo circa 200 tesserati che praticano fioretto e spada, e c’è anche una succursale a Vigonza. Lo sport aiuta a vivere meglio, fa crescere più sani e con forti valori. I costi sono troppo a carico dei privati. Lo Stato dovrebbe fare di più, investire sui giovani, dotare le scuole di palestre e strutture, come ormai fanno in molte nazioni. In Italia siamo ancora arretrati». 
 

Ultimo aggiornamento: 8 Dicembre, 10:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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