Una scalinata intitolata al magistrato Fabbri che istruì il processo del Vajont

Domenica 3 Ottobre 2021 di Giovanni Santin
La cerimonia per l'intitolazione
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LONGARONE - Anche se il riconoscimento arriva a più di 50 anni non solo dei fatti del Vajont, ma anche dei successivi processi, l’intitolazione avvenuta ieri a Mario Fabbri, giudice istruttore del processo, di una scalinata a Longarone non arriva tardiva, ma addirittura in anticipo. Il giudice Fabbri è infatti scomparso nel 2019 e l’intitolazione di ieri è stata resa possibile dall’autorizzazione concessa dal Prefetto di Belluno che ha concesso che il tutto avvenisse prima dei dieci anni che la legge prevede. Un evento, quello di ieri, inserito nelle celebrazioni del 58° anniversario dei fatti del 9 ottobre 1963, che ha avuto il corredo di una buona partecipazione di gente e di autorità. Per primo ha parlato il sindaco di Longarone, Roberto Padrin, che ha ricordato il proprio legame con il giudice Fabbri, da lui considerato quasi un “trait d’union” con quanto accaduto.

Parole che, per il ruolo ricoperto da chi le ha pronunciate, vanno al di là di un riconoscimento personale, ma costituiscono un tributo di un’intera comunità.

Un filo diretto

«Per me è stato un filo diretto che mi ha congiunto con quanto accaduto nel 1963 – ha detto dunque il primo cittadino - lui giudice del Vajont, io sindaco nato dopo il disastro. Mario ha segnato fortemente il mio approccio alla storia del Vajont, sino a quel momento conosciuta solo attraverso i racconti dei superstiti, poi arricchita dalla conoscenza che egli è riuscito a trasmettermi». Un ruolo, peraltro, che, a giudizio di Padrin, Fabbri ha svolto anche con altri: «Il suo percorso ha lasciato una traccia indelebile per quanti lo hanno conosciuto. Una traccia che mi sento di descrivere ponendola sotto l’egida dei valori che fanno dell’uomo un essere vivente veramente speciale: onestà, rispetto, solidarietà, servizio, libertà, coraggio, uguaglianza, giustizia, partecipazione. Ecco la direzione che lui ci indicava quotidianamente. La bussola che può indirizzare ciascuno di noi».

Il sindaco di Longarone ha ricordato anche alcun snodi e le non poche difficoltà con cui il giudice Fabbri dovette confrontarsi quando assunse il compito di istruire il processo: «Fu in questo difficile incarico che Mario Fabbri condusse la sua battaglia per quei principi che abbiamo ricordato, al fine di conseguire verità e giustizia, verità e giustizia che lo posero così accanto alla memoria delle vittime e alla sofferenza della comunità superstite e sinistrata che vedeva nella tragedia responsabilità e colpe dietro alle quali si nascondevano interessi di privilegio e profitto. Il suo lavoro incontrò subito difficoltà ed ostacoli. Parte rilevante dell’ambiente giornalistico, scientifico e politico di allora voleva far passare la tesi che la tragedia fosse dovuta a cause puramente naturali, come sostenne un primo collegio di periti nel novembre del 1965. Fabbri, resosi conto della manchevolezze della relazione, spese tutto se stesso per il ribaltamento di questa tesi, battendosi soprattutto per l’aspetto tecnico, nel cercare autorevoli esperti, anche all’estero, nel campo idraulico e geologico».

Il ministro D'Incà

Oltre all’intervento del ministro Federico D’Incà che ha sottolineato il lavoro del giudice Fabbri per le sue capacità di uomo di giustizia e di esempio per il Paese, particolarmente partecipate e forti sono state le parole della figlia Antonella, presente assieme alla mamma Maria Luisa e al fratello Andrea. Da Ostra Vetere, Comune in provincia di Ancona, è salito anche un gruppo della Protezione Civile che il giudice Fabbri aveva contribuito a fondare e di cui oggi fa parte anche il figlio Andrea. La scalinata, presenti anche Prefetto e Questore di Belluno, oltre all’onorevole Roger De Menech e alcuni sindaci del Bellunese, è stata benedetta da don Rinaldo Ottone Andrea che, prendendo spunto dalla fatica di salire le scale ha parlato della fatica che si fa nel perseguire la scala della giustizia, e della profondità della conoscenza che si raggiunge scendendo. 
Ieri sera il palinsesto delle celebrazioni prevedeva anche il ricordo, organizzato dalla parrocchia, di don Gabriele Bernardi, già parroco di Longarone e scomparso improvvisamente nel 2020. Infine alla sera nell’area della diga, ad Erto e Casso, c’è stato il tradizionale presidio della “Notte bianca della memoria”, oggi è prevista la “Giornata del superstite” organizzata dall’associazione “Vajont - il futuro della memoria” (alle 9,30 cimitero monumentale delle vittime del Vajont di Fortogna).

Ultimo aggiornamento: 08:18 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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