Odissea dopo diagnosi errata: due esposti, medici nei guai

Giovedì 9 Gennaio 2020 di Olivia Bonetti
Chirurghi durante un intervento
Un’errata diagnosi con un tumore alla vescica “non visto” dai medici dell’ospedale Santa Maria del Prato di Feltre, un’odissea per essere operata, verbali “fantasma”, due inchieste penali e una richiesta di archiviazione del caso da parte della Procura. Un incubo quello che ha sta vivendo da mesi una donna feltrina, affetta da tumore alla vescica, che ora, tramite l’avvocato Nicoletta Zannin di Feltre, chiede giustizia. La diagnosi infatti è arrivata in ritardo e la paziente ora deve sottoporsi a continui cicli di chemioterapia. Un danno calcolato sui 700mila euro, che sono quelli richiesti alla Usl 1 in una causa civile che sta iniziando in questi giorni in Tribunale a Belluno. Ci sono stati anche due esposti alla Procura della Repubblica di Belluno contro i medici del Santa Maria del Prato, da cui si sono originate altrettante inchieste penali. Se la patologia fosse stata diagnosticata in tempo sarebbe in queste condizioni? Secondo i famigliari della donna, no. Secondo la Procura di Belluno, che ha chiesto l’archiviazione della prima inchiesta penale, sì. 

LA BATTAGLIA
«Stante il brevissimo lasso temporale intercorso (una settimana appena) - scrive il pm Simone Marcon - tra ecografia giudicata negativa e la corretta diagnosi si ritiene che l’iniziale errore dell’indagato (l’ecografista che non vide il tumore ndr), pure indubbio e censurabile in termini di colpa, non abbia avuto alcuna rilevanza sull’evolversi della malattia». Tutto inizia alla fine della primavera 2018 quando la donna fa un’ecografia di controllo per una pregressa malattia. Il referto è: «Vescica e pareti regolari». Una settimana dopo, però, la donna perde delle gocce di sangue dalla vescica e il medico curante la invia immediatamente a fare un’ecografia. Grazie a un medico esterno si scopre un tumore molto invasivo. A ottobre 2018 i medici del Santa Maria del Prato dichiarano la donna inoperabile. I famigliari anche di fronte alla diagnosi di inoperabilità, fortunatamente, non si arrendono: si rivolgono all’Istituto nazionale tumori e fanno una visita da uno dei massimi esperti della oncologia urologica, professor Pierfrancesco Bassi. Per il luminare non ci sono dubbi sulla necessità dell’operazione ed è lui stesso a eseguire l’intervento al Gemelli di Roma. Purtroppo ormai la situazione era, ormai, fortemente compromessa. Ma se l’avessero operata a ottobre? 

IL “GIALLO”
Dopo un primo esposto a ottobre 2018, contro l’ecografista che non vide il tumore, è partito il secondo esposto alla Procura a maggio 2019, per la dichiarazione di inoperabilità. Era sparito inoltre il verbale dell’equipe multidisciplinare, che è obbligatorio per legge. Insomma l’inoperabilità non era stata scritta da nessuna parte. C’è stato anche un incontro con il direttore medico dell’ospedale di Feltre che non ha potuto che confermare che il verbale non risultava essere stato compilato. Le due inchieste penali originate dagli altrettanti esposti sono ancora in corso: la donna, con l’avvocato Zannin, si è opposta alla archiviazione della prima inchiesta e il gip è attualmente in riserva. Sulla seconda inchiesta, che vede più medici indagati, non si hanno ancora avuto notizie.

LO SFOGO
Nelle scorse settimane c’è stato il tentativo di mediazione prima della causa civile, ma l’Usl non si è nemmeno presentata e così è partito anche il processo civile in cui la donna chiede 700mila euro di danni. «Andranno tutti in beneficenza in caso di vittoria - dicono i famigliari - Noi vogliamo solo giustizia: che qualcuno ci dica se abbiamo torto e perché o se va tutto bene e perché. Ma se qualcuno ha sbagliato si proceda perché non deve succedere più». E pur di ottenere giustizia sono pronti ad arrivare alla Corte Europea dei diritti dell’uomo.
Ultimo aggiornamento: 08:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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