Italo Marchioni, il bellunese d'America che mise i gelati in cono

Martedì 18 Luglio 2023 di Alessandro Marzo Magno
Italo Marchioni, il bellunese d'America che mise i gelati in cono

BELLUNO - Chi ha inventato il cono gelato? Sono stati i siriani/libanesi o i cadorini? E qualora si segua la pista cadorina, il primato va ad Antonio Valvona, che ha brevettato la sua invenzione il 3 giugno 1902 o come generalmente accreditato a Italo Marchioni (inglesizzato in Marchiony) il cui brevetto risale invece al 15 dicembre 1903? Non è così semplice perché Valvona è sì arrivato primo, ma pare che solo Marchioni abbia poi iniziato una produzione industriale. Di più: sia quella di Valvona sia quella di Marchioni era una specie di tazzina di cialda edibile, mentre per arrivare a una cialda arrotolata a forma di cono bisogna aspettare il 1904 con il libanese Abe Doumar che inventa una macchina (ancora esistente) per ottenere il cono gelato, anche se la paternità è attribuita al siriano Ernest Hamwi. Come si vede una bella matassa, e sbrogliarla non è semplice.
L'unica certezza è che tutti questi personaggi hanno messo a punto le loro creazioni negli Stati Uniti, in particolare ma non solo nella zona di New York.

Il cono gelato, quindi, è un'invenzione americana dal punto di vista geografico. Interessante notare che agli occhi di un americano di inizio Novecento la differenza tra italiani, libanesi e siriani non doveva risultare così evidente. Le premesse, comunque, sono tutte europee e lo Zoldano e il Cadore giocano un ruolo preminente. Il gelato arriva dal mondo arabo in Sicilia in epoca medievale. Si chiama sorbetto (dall'arabo "sharbat") e con ogni probabilità era simile alle attuali granite. Un altro siciliano, il palermitano Procopio Cutò che in Francia diventa per assonanza "couteau" e quindi Procopio de' Coltelli nel 1686 apre a Parigi il Café Procope (esiste ancora, oggi è un elegante ristorante) dove mette a punto il sistema della mantecatura. Seppur meccanizzato e industrializzato, questo procedimento rimane alla base del gelato che si produce anche ai nostri giorni. Gli zoldani, nel XIX secolo, sostituiscono all'acqua utilizzata dai siciliani, il latte e le uova e danno vita ai gusti crema.


IN FRANCIA
Finché i gelati si mangiavano nei caffè non c'erano grossi problemi: piattini e coppette venivano lavati e riutilizzati. Ma i gelati si consumano anche fuori dai caffè, nei teatri, per esempio, dove durante la cosiddetta "aria di sorbetto", cantata da interpreti secondari, gli spettatori si distraggono mangiando sorbetti venduti dagli ambulanti. Qualcosa si muove nella Parigi rivoluzionaria: una stampa del 1801 ci mostra alcune signore intente a degustare il gelato utilizzando una sorta di cono, che comunque era di ottone e quindi lavabile e riutilizzabile. Da metà Ottocento i gelatai originari delle Dolomiti cominciano a portare il loro prodotto in giro per l'Europa, in particolare nella monarchia asburgica, e poi oltreoceano, negli Stati Uniti. I gelati vengono consumati in contenitori da riutilizzare, soprattutto bicchieri di vetro. In Austria e in Germania ci si portava il bicchiere da casa, alcuni provavano a ottenere porzioni maggiorate presentando con sé un bel boccale da birra. I ricchi avevano le loro preziose coppette da gelato in porcellana, ma la maggior parte dei consumatori si accontentavano delle stoviglie (coppe, spesso anche piatti fondi) fornite dai gelatai stessi. Questi dovevano poi occuparsi di lavarle e sostituire quelle rotte, con un notevole aggravio di tempo e denaro. I gelatai, nella stragrande maggioranza dei casi, erano ambulanti che usavano un carrettino refrigerato per portare in giro il prodotto, dove la scorta di stoviglie pesava e occupava parecchio posto. I clienti, da parte loro, non potevano allontanarsi più di tanto dall'ambulante perché dovevano restituirgli il contenitore.


LA SVOLTA
L'esigenza di utilizzare qualcosa di più comodo e trasportabile si fa sentire da subito. In Francia si usano coni di metallo o di carta, in Austria si mette il gelato su un cartone quadrato di una decina di centimetri (tra l'altro i viennesi sono i primi ad aggiungere uno sbuffo di panna montata sopra il gelato), una gelateria di Vicenza utilizza grandi foglie di vite opportunamente raccolte e lavate per tale uso. Ma niente di tutto questo è commestibile. La svolta, come detto, è americana. Non sappiamo di dove sia originario Valvona poiché i documenti d'immigrazione mettono come luogo di nascita Manchester, che invece era il porto d'imbarco. Abbiamo notizie più precise su Italo Marchioni, nato a Peajo di Vodo di Cadore, in provincia di Belluno, il 21 dicembre 1868 (l'atto di nascita è conservato negli archivi municipali). Dopo esser passato per Jesi, nelle Marche, emigra negli Stati Uniti. I due si conoscono, forse hanno collaborato, e i brevetti sono segno di una guerra commerciale. Il cugino di Italo, Frank Marchiony, socio di Valvona, testimonia in tribunale contro il parente e la corte dà loro ragione: il brevetto di Italo Marchioni è sostanzialmente un plagio di quello di Antonio Valvona. Ma la vittoria giudiziaria non corrisponde alla vittoria commerciale: sarà Italo, ormai per tutti Marchiony, ad avviare la produzione industriale con la sua fabbrica di Hoboken, nel New Jersey, e diventa un ricco e stimato imprenditore. Quando muore, a 86 anni, nel luglio 1954, il "New York Times" gli dedica un ricordo.


LA SFIDA ORIENTALE
Intanto anche i mediorientali si danno da fare: il sogno americano vale per tutti. Hamwi nel 1910 dà il via alla Missouri Cone Company, a Saint Louis, e morirà nel 1943, diventato milionario grazie ai coni gelato. Il libanese Doumar avvia una propria produzione di coni che passerà ai discendenti. Nick Kabbaz diventerà ricchissimo con la sua Ice Cream Cone Comapny. Quello che se la caverà meno brillantemente sarà il turco David Avayou perché la sua attività di fabbricazione di coni in un grande magazzino di Philadelphia va talmente bene che i proprietari del mall se ne impossessano e gliela sottraggono. Il bello è che tutti avevano partecipato all'Expo universale di St. Louis del 1904 e avevano i chioschetti vicini, quindi è molto probabile che si siano copiati a vicenda. A questo punto il cono mangiabile è pronto a emigrare dagli Usa all'Europa e a invadere il vecchio continente. Una delle prime notizie di coni gelato in Italia risale all'inizio degli anni Trenta, quando un produttore ungherese li importa a Trieste. Proprio in questa città, e nello stesso torno di anni, si cominciano a usare i primi porzionatori rotondi a pallina, che il gelatiere zoldano Antonio Zampolli (la gelateria esiste ancora a Trieste), si fa portare dai marinai americani in arrivo nel porto cittadino. Negli anni successivi i gelatieri veneti adotteranno il porzionatore, mentre quelli siciliani rimarranno fedeli alla spatola che oggi è tornata di utilizzo universale.

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