Ragazzina 13enne morì sulla strada Killer, Anas condannata ma salvata dalla prescrizione

Sabato 19 Marzo 2022 di Federica Fant
Martina Bonavera morta sulla strada mai messa in sicurezza

BELLUNO - «Giustizia è stata fatta: non siamo in cerca di alcun risarcimento quindi non intenteremo cause civili». A parlare i genitori di Martina Bonavera, la 13enne investita e uccisa da un furgone il 9 marzo del 2013 lungo la statale 50 a Giamosa, dopo la sentenza di Cassazione che ha sancito la responsabilità di Anas.

La quarta sezione penale della Corte di Cassazione ha infatti giudicato infondato il ricorso presentato dai legali dei due imputati. Confermata quindi la sentenza per Ettore de Cesbron de la Grannelais, dirigente area tecnica Anas dal 2009 e Eutimio Mucilli, capo Compartimento Veneto dal 2008 al 2013.

Erano stati condannati a 4 mesi di reclusione ciascuno, in primo e secondo grado, ma i tempi della giustizia italiana, con una sentenza definitiva arrivata a 9 anni dai fatti, hanno però, nel frattempo, determinato la prescrizione del reato, che di fatto si è quindi automaticamente estinto. Ma i genitori hanno mantenuto la promessa che avevano fatto sul feretro di Martina: ottenere giustizia per quello che era successo. Non volevano soldi, risarcimenti: pur di fare massima chiarezza e ottenere piena giustizia, hanno rinunciato nel corso dell’iter giudiziario a una cospicua offerta risarcitoria, che li avrebbe di fatto esclusi dal processo penale e che avrebbe determinato anche uno sconto di pena agli imputati. Volevano che venisse dichiarata la responsabilità di chi non aveva fatto nulla per mettere in sicurezza quel tratto di strada dove gli studenti andavano ogni mattina a prendere il bus. E così è stato dopo una battaglia durata anni, passata per due opposizioni all’archiviazione.

STRADA KILLER
L’investitore di Martina venne condannato, ma i genitori chiedevano che venissero punti i responsabili di quella situazione di pericolosità a Giamosa sulla statale 50, denunciata da comitati e lettere per anni. Ma solo dopo l’incidente mortale venne installato su quel tratto la passerella provvisoria “salva-vite”, costruita in fretta e furia un mese dopo la morte di Martina.
 

IL RICORSO
Molteplici i punti ai quali hanno tentato di appigliarsi, nel ricorso in Cassazione, i legali dei vertici Anas per cercare di sostenere la propria innocenza: l’assenza di un obbligo giuridico nell’impedire l’incidente, la mancata conoscenza del pericolo da parte degli imputati, l’ipotetica competenza del Comune e non di Anas su quel tratto di strada, la mancata attendibilità di uno dei testimoni intervenuto durante un’udienza in primo grado, l’insussistenza di nesso causale, persino la scelta stessa di Martina di voler attraversare in quel punto. Tuttavia, nonostante la “scure” della prescrizione si sia abbattuta sul processo, i giudici della Suprema Corte hanno confermato la sentenza, “smontando” uno ad uno i motivi del ricorso presentato dai dirigenti di Anas. I giudici capitolini, infatti, hanno confermato ancora una volta e in via definitiva che «la doppia condanna già spiegava, in maniera congrua e logica, che i due imputati, rivestendo una posizione di garanzia, avevano l’obbligo giuridico di impedire l’evento-incidente su di una strada di proprietà dell’Anas».

IL DOLORE
Linda e Francesco Bonavera, i genitori di Martina, affiancati dall’avvocato Chiara Tartari, fiduciario di Giesse Risarcimento Danni hanno presenziato all’udienza. «Nessuno dei due imputati, purtroppo, ha mai ammesso di avere sbagliato, né ha mai neppure provato ad avanzare uno straccio di scuse – il loro commento – Eppure sono anche loro i responsabili della morte di Martina, anche se a causa dei tempi della giustizia sono purtroppo rimasti impuniti. L’unica nostra speranza è che quanto orribilmente accaduto a nostra figlia, messo ora nero su bianco in ben tre diverse sentenze giudiziarie, possa portare a una doverosa, maggior attenzione chi ricopre ruoli tanto importanti come quelli deputati al controllo della sicurezza nostra e dei nostri figli. Fatti tanto orribili non dovrebbero ripetersi mai, mai più». «Un grazie di cuore a tutti coloro che in questi anni ci sono stati vicini– concludono i Bonavera - Familiari, amici sia di Martina che nostri, colleghi, Giesse e i suoi legali fiduciari, che ci hanno assistiti con grande cuore».

Ultimo aggiornamento: 08:31 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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