Impianti di sci chiusi dal governo: Belluno perde diecimila posti di lavoro

Martedì 16 Febbraio 2021 di Davide Piol
Un impianto di risalita: la chiusura fino a marzo provocherà altri danni al mondo dello sci

BELLUNO Sono circa 10mila le persone, quest’anno, che non prenderanno parte a quel magico mondo che ruota intorno allo sci bellunese. Non si parla solo di impianti, la cui apertura è slittata al 5 marzo. In gioco c’è molto di più. Le persone che vivono di questo: maestri di sci, albergatori, ristoratori. Ma anche i tanti ragazzi che percorrono centinaia di chilometri ogni anno per fare i camerieri a Cortina o per vendere e noleggiare l’attrezzatura da sci ad Arabba. Una catena di trasmissione costosa che si è spezzata all’improvviso o che, meglio ancora, quest’anno non si è mai avviata. Basti pensare che un anno di covid peserà per un miliardo di euro circa per il settore turistico e 60 milioni di euro solo per gli impianti a fune. «Ci sono circa mille dipendenti diretti legati al comparto degli impianti» spiega Renzo Minella, presidente Anef Veneto.

A cui vanno aggiunti gli stagionali, ossia «diverse centinaia». Insomma, più o meno 1500 persone. Per il settore turistico i conti sono più complicati. Anzitutto perché alcuni alberghi, tanto per fare un esempio, hanno aperto. Pochi ma lo hanno fatto. Poi, c’è il problema legato alle numerose sotto-categorie del settore.

EFFETTO MOLTIPLICATORE
Dire “turismo” significa parlare dei maestri di sci (1.500 in Veneto, quasi tutti gravitano sulla provincia di Belluno), del ristorante, del negozio che vende la tuta da sci, della gelateria. Ma anche del meccanico, del panificio, dei musei. Quando si mette in moto, la macchina del denaro si espande a macchia d’olio sull’intero territorio. Una cosa, però, la si può dire. Il volano economico generato dagli impianti di risalita è di 1 a 10. In altre parole: ogni euro speso negli skipass equivale a 10 euro spesi sul territorio. Una proporzione che può rappresentare una base di calcolo per gli effetti sul territorio e su quelli occupazionali provocati da questo rinvio. Può sembrare un numero elevato ma la stima del numero di dipendenti che rimarrà a bocca asciutta si aggira quindi intorno alle diecimila persone, forse più. Solo in provincia di Belluno. 

SCENARIO ALTERNATIVO
Ma sarebbe cambiato davvero qualcosa se gli impianti fossero ripartiti? «Di sicuro avremmo limitato le assunzioni stagionali» chiarisce Minella. Certo. L’incertezza legata al covid non avrebbe permesso di fare progetti a lungo termine. C’è sempre la paura di una ripresa dei contagi e quindi dell’ennesima stretta da parte del governo. In ogni caso «c’era la voglia di provare a ripartire con le nuove regole, dimostrare a noi stessi se eravamo in grado di gestire questa situazione». Quindi l’e-commerce, i flussi turistici e tutto ciò che ne sarebbe conseguito: «Era un test, al di là dei fatturati che non avrebbero comunque coperto le perdite». Lo stop è stato prorogato al 5 marzo, e poi? «È presto per dirlo – conclude Minella – Ma sarà una decisione individuale, non più del sistema».

RISTORI
Su una corsia parallela corre il capitolo degli indennizzi. Ne hanno parlato, ieri, il ministro al Turismo Massimo Garavaglia e il ministro degli Affari Regionali Mariastella Gelmini. «Una prima stima dei danni agli impianti sciistici parla di 4,5 miliardi di euro ma è ancora parziale – ha comunicato l’assessore regionale Gianpaolo Bottacin dopo aver sentito Garavaglia – Sarà completata nelle prossime ore in quanto il ministro ha espresso la volontà di inserire nel prossimo decreto, da 32 miliardi di euro complessivi, anche i danni registrati da tutto il comparto legato allo scii». Il ministro al Turismo ha sottolineato anche la necessità di inserire all’interno del Recovery Plan «importanti investimenti per la montagna che nella bozza passata non era neppure citata» e di modificare la normativa attuale «che consente a un solo ministro di emettere provvedimenti come quello di domenica. Si tratta di definire una modalità differente, che consenta ai territori di programmarsi pur ovviamente tenendo conto del fatto che il virus è ancora presente».

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