Coronavirus Belluno. Gli infermieri del centro anziani: «Costretti a comprarci noi le mascherine»

Mercoledì 29 Aprile 2020 di Federica Fant
Infermiera al lavoro in una casa di riposo
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«Abbiamo comprato noi le prime mascherine, di tasca nostra, e le abbiamo indossate sempre di nostra spontanea volontà». Gli operatori e le operatrici sanitarie della casa di riposo di Trichiana scrivono ai parenti del Centro Servizi Anziani. Un documento che segue la denuncia della Cgil che nei giorni scorsi aveva inviato una serie di note e documenti all’Usl Dolomiti e allo Spisal per rendere noto cosa succedesse in quella struttura.

LE ACCUSE
La lettera messa a punto dagli operatori sanitari ha l’obiettivo di «difenderci da tutte le accuse ricevute», spiega la portavoce. I contorni della vicenda sono descritti dai numeri: a Trichiana sono 53 i positivi. Su 47 ospiti presenti nella struttura, 39 presentano tampone positivo. Altri 14, sempre con tampone positivo, sono stati invece accolti presso in strutture ospedaliere o all’ospedale di comunità. Gli operatori positivi sono attualmente 23. Nelle ultime 48 ore ci sono stati 2 decessi. «La frustrazione di questi giorni ci ha portato a decidere di scrivere una lettera per informare della nostra totale indignazione riguardo alle decisioni e alla modalità di gestione, da parte della direzione, della delicata situazione provocata da Covid-19». Parole affilate, fin dalle primissime righe, che lasciano trasparire rammarico e sconforto. «Nei primi giorni di questa emergenza siamo rimasti sconcertati dal fatto che ovunque si iniziassero ad attuare misure restrittive, di contenimento e ad indossare mascherine mentre noi ne fossimo ancora sprovvisti e non ci venisse fornita alcuna indicazione in merito – si legge nella lettera inviata ai parenti dei 47 ospiti -. Ogni volta che abbiamo espresso le nostre preoccupazioni la risposta è sempre stata la stessa: i presidi di protezione al momento non servivano e si stavano attivando per reperire il materiale necessario che ci sarebbe stato fornito solo al momento del bisogno. Cosa un po’ tardiva, a nostro avviso, per una struttura socio-sanitaria che già avrebbe dovuto essere provvista di una minima scorta di presidi». Mentre per andare a fare la spesa era già obbligatorio essere muniti di mascherina.
LA RIVELAZIONE
«I primi presidi (mascherine) - prosegue la lettera - sono stati acquistati da noi ed indossati di nostra spontanea volontà, non tanto per timore di venir contagiati, ma in quanto consapevoli che noi, avendo contatti con l’esterno della struttura, saremmo potuti essere veicolo di contagio – scrivono gli operatori -. Dapprima abbiamo incontrato una certa opposizione da parte della direzione, con la motivazione che questo comportamento potesse creare preoccupazione negli ospiti e venendo considerati come in preda ad una psicosi collettiva, dettata dalle notizie che circolavano su giornali e sui Tg».
L’OBIETTIVO
«Con la presente desideriamo informare che la nostra fiducia, più volte messa alla prova in questi anni, è stata per l’ennesima volta tradita, oltretutto mettendo a rischio la salute dei nostri ospiti, del personale e delle nostre famiglie. Anche ora, nei momenti più difficili – prosegue la missiva -, percepiamo la non comprensione da parte della dirigenza della reale portata del problema. C’è la sensazione che solo noi, che siamo in costante contatto con gli ospiti, abbiamo la reale concezione del disordine e dei problemi creati dalla dubbia gestione dell’emergenza». Vicende lavorative che spesso si intrecciano con la vita come per chi ha scoperto di essere positivo: «Molti di noi sono risultati positivi ai test o hanno sintomi, come molti dei nostri anziani della casa di riposo, e gli altri sono costretti a lavorare in condizioni estreme, vista la carenza di personale e la circolazione del virus nella struttura». Nessun accenno a situazioni specifiche anche se i lavoratori hanno espresso la disponibilità a dare la propria testimonianza qualora qualcuno volesse indagarle. «Ci sentiamo vicini ai parenti dei nostri ospiti che, impossibilitati ad entrare in struttura, sono preoccupati per i loro cari. Le emergenze accadono, a volte sono impreviste, ma, a nostro avviso, non stavolta - proseguono -. A volte non servono grandi studi, ma solo un po’ di buon senso».
Ultimo aggiornamento: 08:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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