Dal Cadore alla Cambogia a piedi: il “giro del mondo” bloccato dal virus «ma riprenderemo»

Lunedì 4 Maggio 2020 di Andrea Zambenedetti
IN INDIA Sasha De Zordo (a sx) davanti il tempio delle scimmie
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AURONZO (Bellluno) - «Riprenderemo il viaggio da dove lo abbiamo interrotto, dalla Cambogia». Lui è Sasha De Zordo, 27 anni, di Auronzo di Cadore, cameriere stagionale con esperienza all’estero. Stava per realizzare il sogno di raggiungere l’Australia a piedi quando il coronavirus ha mandato all’aria i piani suoi e di Lars, l’amico piemontese che viaggiava con lui.

L’IDEA
«L’idea di fare questo viaggio - racconta Sasha - ci è venuta mentre lavoravamo in Inghilterra in un ristorante che si chiamava Positano. Era marzo, forse aprile, del 2018. Abbiamo deciso che la meta finale sarebbe stata l’Australia. All’inizio pensavamo di andarci in aereo. Poi ci siamo detti, perché non andarci a piedi?». A metà luglio del 2019 la partenza dall’Italia, con lo zaino in spalla. «Abbiamo attraversato l’Europa in un mese, poi abbiamo fatto un mese in russia, uno in Mongolia, un altro in Nepal, cinque settimane in India poi Laos, Vietnam e Cambogia. Un mese in ogni posto. Fino a quando è stato possibile.
L’ANDATA
Un viaggio fatto quasi interamente con i mezzi pubblici o a piedi. «Dalla Mongolia al Nepal, in realtà, abbiamo dovuto prendere l’aereo perché i tempi per il visto in Cina erano troppo lunghi. Un altro volo lo abbiamo preso anche dall’India al Laos, perché il confine con Bangladesh e Myanmar non era un posto facile da attraversare. Nello zaino, oltre ai soldi guadagnati al Positano la voglia di imparare. «Abbiamo lavorato in Cambogia, in un ostello, facendo reception, riassettando le camere e ottenendo vitto e alloggio. Un viaggio con posti incredibili (tutti documentati sul profilo Instagram: dtw_dreamingtheworld). A Varanasi nella città sacra vedere le cremazioni rituali è stata una grande esperienza. E poi l’ospitalità dei mongoli. Davvero indimenticabile. Quando siamo arrivati nella capitale, abbiamo trovato un signore che si è messo a parlare con noi, in un inglese stentato. Poi ha aperto la borsa della spesa, tornava dal supermercato, e ci ha offerto i suoi biscotti. Ci siamo emozionati tanto. Sempre in india siamo stati accerchiati da un gruppo di bambini che ci hanno portati in giro, la gente ci chiamava dentro le loro case e ci offriva il tè».
BLOCCATI
«Eravamo quotidianamente in contatto con le nostre famiglie. A metà marzo ci siamo resi conto che non era possibile andare avanti. Speravamo di rimanere in Asia, nella speranza che l’ondata di contagio diminuisse poi abbiamo capito che non era più possibile muoverci. Ci siamo trovati in Cambogia con le frontiere di Malesia, Thailandia e Indonesia chiuse nel giro di pochi giorni. Nell’ultimo periodo poi noi italiani non venivamo visti di buon occhio. A quel punto non c’è stata alternativa».
RIENTRO EPICO
Se l’andata, a piedi, è stata avventurosa il rientro non è stato da meno. «Abbiamo approfittato di una finestra di apertura dei voli dalla Cambogia alla Thailandia. Così abbiamo fatto Phnom Penh (la capitale della Cambogia), Bangkok (in Thailandia), poi siamo arrivati in Europa, a Oslo, scalo a Londra, Roma e poi Venezia. È stata dura, in Cambogia non c’è né il consolato né l’ambasciata italiana». Ogni tentativo di rientro si scontrava contro una nuova chiusura.

I biglietti sono costati quasi duemila euro. «Con quei soldi - scherza Sasha - ci facevo altri quattro mesi lì».

Ultimo aggiornamento: 07:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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