Coronavirus. «Bloccati in Argentina dal lockdown, a rischio il posto di lavoro»

Lunedì 27 Aprile 2020 di Pio Dal Cin
Coronavirus. «Bloccati in Argentina dal lockdown, a rischio il posto di lavoro»
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CODOGNÈ Due storie con la stessa drammatica trama vissute in due Paesi del Sudamerica da un uomo originario di Fregona e da una coppia partita da Codognè. Il primo, bloccato ormai da un paio di mesi in Colombia, gli altri due, di nazionalità argentina ma residenti nel paese della Mela Cotogna, fermi a Buenos Aires in una situazione di lockdown che non permette loro di rientrare e rischia di far perdere a lui il lavoro.

LA COPPIA
Patricia Lebron e suo marito Louis Alberto Mattera stanno cercando di rientrare a Codognè dal viaggio iniziato il 17 marzo per sistemare delle faccende burocratiche in seguito alla morte di un famigliare. «Saremmo dovuti tornare il 14 aprile - racconta Patricia- L'emergenza e il lockdown scattati qui a Buenos Aires ci hanno impedito di rientrare e ora siamo bloccati insieme a centinaia di connazionali tutti con lo stesso problema. Da quello che ci hanno detto, se riusciremo a rientrare, prima che mio marito perda il lavoro, dovremo sborsare ad Alitalia 1800 euro per il viaggio. Nostra figlia Daniela Soledad, infermiera a Motta è risultata positiva.ù

Lei è in Italia e ha bisogno di essere assistita. Siamo in un limbo terribile senza aiuto dalla Farnesina». Della questione si sta interessando il sindaco Lisa Tommasella: «Mi sarei aspettata un contatto più diretto con la Farnesia per il rimpatrio dei nostri concittadini, ma così non è stato - spiega - Io stessa mi sono attaccata al telefono e ho chiamato le varie ambasciate all'estero per aver informazioni su come poterci muovere: la nostra gente veneta è profondamente legata al mondo per fenomeno migratorio. I nostri concittadini in Argentina oltre al rischio di essere contagiati rischiano di perdere il lavoro per un viaggio che non era turistico». 

L'ESPLORATORE
Il viaggio di Dimitri Uliana, operaio classe 1982 originario di Fregona, si è trasformato da un'iniziale piacevole esplorazione del Sudamerica, in un'odissea della quale non riesce a vedere l'epilogo. Dimitri aveva deciso di prendersi un anno sabbatico per visitare il Sudamerica. Era partito con in spalla il suo zaino e, con lo spirito dell'esploratore, era riuscito fino al marzo scorso a visitare Argentina, Perù e Bolivia. Arrivato nella capitale della Colombia Bogotà non poteva immaginare che di là a pochi giorni si sarebbe trovato prigioniero.

«Il 15 marzo è scattato il lockdown in Colombia - racconta la sorella Tatiana, originaria come lui di Fregona che vive a Vazzola - Da quel momento è iniziata per mio fratello un'odissea senza fine. L'impossibilità di muoversi e la chiusura degli ostelli lo hanno costretto a trasferirsi nel nord del Paese, dove è riuscito a trovare alloggio in una spiaggia caraibica che in tempi diversi sarebbe stato un sogno, ma con la spada di Damocle di un possibile contagio e l'impossibilità di rientrare, è diventata un incubo. Dormire in amaca può essere piacevole in vacanza, ma è ben diverso doverlo fare per risparmiare le poche risorse rimaste, non sapendo quando e come rientrare, accontentandosi di mangiare riso e pesce per tutti i giorni». Dimitri ha cercato di contattare l'ambasciata italiana a Bogotà per vedere se la Farnesina avesse organizzato volo per far rientrare gli italiani: «L'ambasciata ha cercato in tutti i modi di aiutare mio fratello - continua Tatiana - Lui e altri 14 italiani di varie regioni si sono riuniti. Il 16 aprile l'ambasciata ha organizzato il viaggio da Santa Marta a Bogotà da dove si sarebbero dovuti imbarcare per Bruxelles. Arrivati all'aeroporto la lunga coda al cancello di imbarco lasciava poco spazio alla speranza. Con un sistema di estrazione, che ha escluso mio fratello sono riusciti ad imbarcarsi solo in 9. Per gli altri sei non c'è stato nulla da fare se non ripetere l'esperimento qualche giorno dopo con un aereo olandese, senza però riuscire a partire».
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