L'artigianato comincia a sorridere, aumentano i giovani: «E siamo i più ecologisti»

Lunedì 17 Luglio 2023 di Claudio Fontanive
Claudia Scarzanella, presidente di Confartigianato Belluno

BELLUNO - Imprenditori bellunesi sempre più avanti con l’età: una crisi potrebbe avere ripercussioni anche sulla mancanza dei relativi servizi, specie nei piccoli paesi nelle terre alte dei nostri territori. Ma arrivano segnali positivi, che lasciano ben sperare per il futuro, come registrato da Confartigianato. L’associazione di categoria ha infatti avuto, in questi ultimi anni, un consistente aumento degli associati giovani, a dimostrazione che il comparto dell’artigianato non appare superato, ma anzi rappresenta per i giovani bellunesi una preziosa opportunità di lavoro, ma anche di crescita professionale e realizzazione personale.

Tale settore infatti rappresenta un presidio imprescindibile per lo sviluppo sociale e culturale del nostro territorio, senza il quale tutti gli altri settori produttivi e dei servizi dovrebbero rivolgersi altrove, con conseguente indebolimento dell’attrattività abitativa e turistica della provincia.

I NUMERI
Particolare fiducia dimostrano quindi i dati forniti dalla stessa Confartigianato Belluno. Negli ultimi dieci anni i giovani imprenditori artigiani soci (si considerano giovani persone under 40, ndr) sono cresciuti dell’86%, mentre la crescita dal 2018 a oggi è pari al 24%. Claudia Scarzanella presidente di Confartigianato: «I dati sull’imprenditoria giovanile della nostra categoria vanno in controtendenza rispetto a quelli generali e quindi esprimo soddisfazione perché sono il risultato dell’attività enorme che stiamo facendo con il nostro gruppo giovani». Numeri positivi, pur con il calo delle sedi d’impresa, che evidenziano con tutta probabilità la bontà della linea strategica di investire sulla crescita del movimento dei giovani, anche con l’ingresso nel mondo della scuola per raccontare cos’è l’artigianato e quali opportunità in concreto esso offre. E le risposte che i giovani studenti stanno dando appaiono buone, come nel caso della Scuola Edile di Sedico, realtà ormai affermata da tempo, che si sta adoperando in modo efficace per diffondere la cultura del lavoro artigiano e la relativa formazione necessaria. 

SEDI DI IMPRESA
Ma c’è ancora molto da fare: la fotografia delle sedi di impresa non è rosea. Secondo UnionCamere, su rielaborazione della Camera di Commercio di Belluno – Treviso, al 31 marzo scorso, in provincia di Belluno, risultano poco più di 1.000 sedi d’impresa di aziende guidate da imprenditori under 40, con complessivi 1.699 addetti. Significa quindi che le imprese giovani sono soltanto il 7% circa del totale delle imprese nella nostra provincia. La restante parte, ovvero il 93%, sono di imprenditori con più di 40 anni di età. In questo quadro, i settori più rappresentati sono l’agricoltura, il commercio e i servizi. Analizzando le diverse aree del nostro territorio, in quella di Agordo, sempre al 31 marzo, si contano 99 sedi d’impresa giovani con complessivi 120 addetti. Nell’area di Belluno si contano invece 438 sedi d’impresa per 664 addetti, mentre nel Feltrino si possono contare 252 sedi d’impresa per 474 addetti. Infine l’area del Cadore, può contare su 221 sedi d’impresa e 441 addetti. È evidente che la situazione economica e geopolitica gli ultimi anni non ha certo agevolato la voglia di imprenditorialità giovanile. Il rilevamento appena prima del Covid parlava infatti di un centinaio di imprese giovani e circa 200 addetti in più rispetto ai giorni nostri. Va detto che tale calo appare fisiologico, in quanto il dato non riguarda soltanto le imprese giovani.

CAPANNONI CHIUSI
Buoni segnali in provincia infine arrivano dal patrimonio edilizio industriale-artigianale: da un recente censimento emerge che nel Bellunese le superfici dismesse sono calate del 9% in sei anni. La provincia di Belluno è quella con l’incidenza della superficie produttiva sul totale della superficie provinciale più bassa del Veneto (0,3%): normale per un territorio di montagna. Di conseguenza, anche il rapporto tra superficie consumata e superficie produttiva/commerciale derivante da grandi aree produttive è il più basso del Veneto: 12,5% su una media regionale del 17,2%. Dal 2016 al 2022 il valore aggiunto del settore manifatturiero è cresciuto dell’11,4% nel Bellunese; nello stesso periodo calano le localizzazioni (sedi d’impresa e unità locali) attive (-6,6%), ma aumentano gli addetti (+6,8%). Cambiano quindi la dimensione d’impresa e il volume di produzione. Al 2022 risultano 520 unità produttive inutilizzate, vale a dire il 9,8% dello stock produttivo, in diminuzione del 9,3% rispetto alla rilevazione del 2016 (-53 unità). Negli ultimi sei anni il risparmio di suolo è stato notevole: -136.954 metri quadrati di superfici dismesse e inutilizzate (-11%). «Questi dati sono significativi - afferma la presidente di Confartigianato Scarzanella -. Significa che si sta lavorando in un’ottica di recupero e quindi in direzione contraria al consumo di suolo e di verde». «Con questa indagine, possiamo stimare il mercato che sarebbe possibile attivare dalla riconversione del patrimonio immobiliare inutilizzato. E di conseguenza pensare ai benefici economici che potrebbero attivarsi, ai quali vanno sommati i potenziali benefici sociali», aggiunge Fabio Zatta, presidente di mestiere degli edili di Confartigianato che conclude: «In montagna il recupero può significare anche risposte alla domanda di residenzialità, di spazi alternativi per usi sociali, superfici a disposizione per la sostenibilità energetica».

Ultimo aggiornamento: 18 Luglio, 19:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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