Caso Ici, l'ex sindaco De Zolt: «Il buco da 390mila euro fu colpa di Uniriscossioni»

Martedì 19 Aprile 2022 di Yvonne Toscani
IL CASO ICI Il consiglio comunale di Santo Stefano

L'INTERVISTA

È l’amministrazione finita nel ciclone di questi giorni. Il polverone sollevato all’indomani dell’approvazione del piano di riequilibrio dei due milioni di euro di debito del Comune di Santo Stefano, ormai con i suoi atti alla Corte dei Conti, ha travolto, nelle piazze reali e, soprattutto, in quelle virtuali, la compagine che tra il 1999 e il 2009 governava Palazzo Alfarè. A guidarla era il sindaco Silver De Zolt, che nei giorni scorsi ha riunito gli allora suoi collaboratori, per ripercorrere la vicenda, in particolare per quanto riguarda la parte del malloppo dell’Ici finito nelle casse municipali di piazza Roma, anziché in quelle di San Vito. Da cui, poi, attraverso l’azione dell’apposita ditta incaricata, è emerso l’intero “buco” in bilancio.

Come avveniva la riscossione dei tributi del Comune di Santo Stefano?

«Negli anni 2003/2004, come del resto in quelli precedenti, essa era gestita da Uniriscossioni, ente al quale il Comune aveva affidato a pagamento la gestione degli incassi. Nel caso specifico, l’Ici veniva versata dai cittadini con un bollettino postale o bancario in due copie, una restituita loro ed una restava alla posta o banca. A fine anno Uniriscossioni elaborava un documento che, contenente i dati consuntivi del gettito, veniva inviato all’ufficio di ragioneria. Queste cifre erano necessarie per la redazione del bilancio comunale, controllato dal segretario e dal revisore dei conti, un professionista esterno all’amministrazione comunale».

Nel 2003, però, le entrate cominciarono a lievitare sensibilmente rispetto al periodo precedente. Non ve n’eravate accorti?

«In effetti erano superiori di circa 200mila euro e ciò fu oggetto di discussione in Consiglio comunale prima dell’approvazione del bilancio. La proposta approvata fu di non utilizzare tutti i 200mila euro incassati, ma di accantonarne la metà in attesa di valutare l’effettivo introito nell’anno successivo».

E nel 2004 la situazione venne replicata.

«Esattamente. A quel punto si pensò che effettivamente quelle fossero cifre esatte, frutto della conclusione della fase di controlli ed accertamenti eseguita da una ditta esterna, su incarico dell’amministrazione, e di conseguenza parve evidente che quella verifica avesse portato ad un maggior gettito».

Come vennero utilizzati questi fondi?

«Tali entrate furono subito investite in opere e lavori pubblici, regolarmente deliberate ed approvate in sede di Consiglio comunale».

L’anno della svolta è il 2005. Cosa accadde?

«Alcuni funzionari di Uniriscossioni si presentarono in Comune e comunicarono un loro grave errore di conteggio che aveva portato nelle casse comunali circa 390 mila euro di Ici, di competenza di San Vito».

Che cosa fece, a questo punto, l’amministrazione comunale?

«Consultammo un legale e si decise di intraprendere una causa per il riconoscimento del danno. Se era vero che bisognava restituire al Comune di San Vito (peraltro già fatto nel 2005 da Uniriscossioni) era altrettanto vero che doveva pure a noi essere riconosciuto un danno per l’errore commesso. Consapevoli dei tempi della giustizia, nell’ultimo anno della nostra amministrazione non abbiamo impegnato il disavanzo di circa 70mila euro, lasciandolo a disposizione quale acconto per un’eventuale definizione della vertenza, consci che una parte del debito sarebbe necessariamente ricaduta sulle casse comunali».

Molti cittadini chiedono di conoscere i responsabili.

«Non conosco le motivazioni per le quali il giudice non abbia riconosciuto le colpe a Uniriscossioni. Di certo non furono nostre, né era compito dell’ufficio di ragioneria, che non aveva materialmente in mano le matrici degli incassi, né del revisore dei conti, che doveva solamente controllare che le cifre riportate in bilancio fossero quelle dichiarate da Uniriscossioni».

LA LUNGA VERTENZA

Pubblicamente il caso Ici scoppia quando, nel maggio del 2006, ne dà notizia Il Gazzettino, confermando le voci che si rincorrevano da mesi nel capoluogo comeliano sull’arrivo, tra le entrate, di una consistente cifra di imposte destinate in realtà altrove. Nelle casse comunali di Santo Stefano entrano 135mila euro in più, per tre anni, dal 2003 al 2005. Un importo che, secondo alcuni esperti di allora del settore immobiliare, avrebbe potuto corrispondere ad un villaggio costituito da una ventina di nuove ville. Tanti potrebbero essere stati gli edifici “nati” in un Comune che incassava mediamente 300mila euro all’anno, pari ad un quarto di quanto entrava invece nel bilancio di San Vito (1.200.000 euro). Nell’estate del 2006 comincia la lunga vertenza legale, che scalerà i tre gradi di giudizio, passando anche attraverso le due amministrazioni guidate da Alessandra Buzzo, per concludersi con una condanna a carico del Comune, obbligato a rimborsare circa 540mila euro, interessi e rivalutazioni compresi, per aver incassato importi non dovuti sui versamenti, effettuati da parte dell’ex esattore comunale, ora Agenzia delle Entrate. Nonostante da oltre due anni, l’attuale minoranza consiliare chieda di affrontare la delicata questione, solo sul finire della scorsa estate, il vicesegretario comunale presenta una dettagliata relazione, avviando l’iter per il rigido piano di riequilibrio finanziario, ora all’esame della Corte dei Conti. 

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