Belluno. La crisi brucia 385 milioni di euro, anziani pronti a non curarsi e a spegnere i termosifoni

Giovedì 20 Ottobre 2022 di Davide Piol
Il reparto di terapia intensiva di un ospedale

BELLUNO - Anziani costretti a rinunciare a visite mediche specialistiche perché troppo costose. Un dramma silenzioso, quello che stanno vivendo i nonni bellunesi, che si interseca con una situazione di solitudine e abbandono che coinvolge l’intera provincia. E che, presto, potrebbe accentuarsi a causa del rincaro delle bollette e dell’impossibilità, per alcuni, di pagarle. Un cane che si morde la coda perché la salute e le temperature rigide, com’è noto, non vanno a braccetto. I sindacati temono nuovi drammi, sulla scia della prima ondata covid. «Il virus ha avuto un effetto chiaro, abbiamo dati accertati – spiega Maurizio Cappellin, segretario Fnp Cisl – mentre oggi, con l’aumento delle bollette, si rischia di avere un fenomeno difficile da diagnosticare.

Non vorrei che alla fine assistessimo a una diminuzione della popolazione degli anziani determinato da condizioni di salute e ambientali che, c’è poco da fare, incidono in modo importante sulla loro vita». Il rischio è dietro l’angolo. L’inflazione, infatti, si sta letteralmente “mangiando” i nostri risparmi: una stangata che, in Italia, vale almeno 92 miliardi di euro, di cui 385 milioni solo a Belluno.

Aumento dei prezzi

Il sindacato fa presente che all’aumento dei costi dell’energia, alle rette sempre più alte delle case di risposo e ai servizi sociali che potranno essere mantenuti ai livelli attuali con enormi difficoltà, bisogna aggiungere il reddito quasi inesistente della maggior parte degli anziani. Oltre il 50% vive con meno di mille euro al mese. Sono per lo più donne rimaste vedove, abbandonate dai figli e sole. Infine, non bisogna dimenticare che tanti nonni vivono nella parte alta della provincia dove i servizi spesso mancano e dove un’ambulanza, in caso di bisogno, impiega più tempo per arrivare.

La rete d'assistenza

«Per noi la priorità deve essere data dalla rete di assistenza domiciliare – continua Cappellin – A partire dai medici di famiglia su cui c’è grossa difficoltà perché vengono assegnati a zone sempre più ampie e i pazienti si trovano a dover fare anche 30 chilometri per raggiungerli. Senza contare che molti anziani non hanno nemmeno l’auto». La prima richiesta urgente dei sindacati è che il governo intervenga in modo mirato sulle bollette: «Non possono aumentare». E poi occorre pensare a quella fetta di popolazione particolarmente disagiata, cioè non autosufficiente: «Il governo ha fatto un decreto ad hoc ma, come sempre, il disegno di legge ha bisogno di essere trasformato in legge. Inoltre chiediamo che vengano bloccate le tariffe per le case di riposo». La Sersa-Gaggia Lante di Belluno ha già aumentato le rette degli anziani e altre case di riposo, soffocate dai rincari, stanno seguendo l’esempio: «Si crea quella spirale per cui non si trova personale, i posti letto non vengono coperti al 100% o al 95%, si crea uno sbilancio di esercizio e Comuni o società vengono chiamati a integrare cifre importanti». La precedenza, secondo il sindacato, va data agli anziani. I cui problemi sono iniziati ben prima dei rincari delle bollette. «Stanno già soffrendo in ambito sanitario – racconta Cappellin – Al di là di tempi lunghi e prestazioni dilazionate, il dramma è che hanno difficoltà a pagare le prestazioni. Rinunciano a un loro diritto, che è quello alla salute, perché non hanno disponibilità per esami clinici o visite specialistiche che sarebbero necessarie».

Il nodo del riscaldamento

La questione “riscaldamento” si inserisce nella vita degli anziani come una falce. Molti, infatti, non riusciranno a pagare le bollette e rimarranno al freddo: «Chiaro che stando al freddo la salute non migliora – conclude Cappellin - È un’eventualità non così remota ma con l’inverno in arrivo non si può rimanere senza riscaldamento perché se uno ha già qualche acciacco…».

Ultimo aggiornamento: 11:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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