Scale mobili di Lambioi vietate ai cani dei non vedenti, la Cassazione dà torto al Comune: «No alle discriminazioni»

Venerdì 7 Aprile 2023 di Federica Fant
La protesta contro la decisione di proibire i cani ai non vedenti sulle scale mobili di Lambioi

BELLUNO - «Una giornata storica per la tutela delle persone disabili vittime di discriminazione». Anche la Cassazione dà ragione al gruppo di ipovedenti che erano stati allontanati dalle scale mobili di Lambioi con i cani guida nel 2015 e mette la parola fine su una vicenda durata 8 anni. «Avremmo preferito che l’amministrazione investisse il denaro speso per i tre gradi d’appello per misure idonee all’abbattimento delle barriere sensoriali», ha commentato Simona Zanella una dei cittadini che erano stati bloccati Lambioi, anche presidente Blindsight Project odv. «Otto anni di cause per ottenere il rispetto della legge e diritti sacrosanti è una cosa ritengo intollerabile», afferma l’avvocatessa Chiara Frare che ha assistito il gruppo nella battaglia legale.

In ogni caso ora è stato sancito una volta per tutte, anche a Belluno (nel gruppo c’erano persone da fuori provincia che avevano visto confermata la sentenza d’appello) che i cani guida possono accedere alle scale mobili di Lambioi.

I FATTI
Il 9 maggio 2015 un gruppo di amici con disabilità visiva, accompagnati dal proprio cane guida andò alla scala mobile Lambioi di Belluno. «Durante la loro salita con l’ausilio del cane guida – spiega l’avvocatessa Frare -, la scala veniva bruscamente fermata e l’addetto incaricato intimava la discesa, opponendo un divieto di accesso con cani previsto nel regolamento di esercizio e indicando, peraltro a persone con cecità, l’apposizione di una cartellonistica di divieto di accedere anche con cani guida all’impianto. Il gruppetto era quindi costretto a scendere ad impianto fermo. Umiliati da tale episodio e ritenendolo discriminatorio in base alla legge 37 del 1974, hanno proposto ricorso ai sensi della legge 67/2006 al Tribunale di Belluno». 

L’ODISSEA GIUDIZIARIA
In primo grado il Tribunale di Belluno aveva rigettato il ricorso, con condanna dei ricorrenti alle spese. Pertanto il difensore Chiara Frare, con studio a San Donà di Piave (Ve) (che assiste tra gli altri anche l’associazione Blindsight Project Odv che si occupa di assistenza e tutela dei diritti delle persone disabili) aveva proposto appello ritenendo quella pronuncia ingiusta ed inaccettabile. La Corte d’Appello di Venezia aveva accolto l’impugnazione dando ragione ai non vedenti, accertando la natura discriminatoria delle condotte tutte poste in essere dal Comune di Belluno, proprietario dell’impianto, e dalla società Bellunum srl, che lo gestisce. C’era stata anche la condanna per Palazzo Rosso e Bellunum al risarcimento del danno morale patito da ciascuno dei tre non vedenti bellunesi. Comune e Bellunum avevano allora proposto ricorso per Cassazione, impegnando 11mila euro nel 2021: una scelta molto contestata dall’allora consigliere di opposizione (attuale assessore) Franco Roccon.

IN CASSAZIONE
I tre bellunesi non vedenti si erano costituiti a mezzo del loro difensore e con il cassazionista avvocato Giampaolo Schiesaro. La Suprema Corte con decisione del 15 dicembre scorso, pubblicata il 5 aprile, ha rigettato sia il ricorso proposto dal Comune di Belluno sia quello incidentale svolto da Bellunum, stabilendo in maniera definitiva ed inequivocabile la natura discriminatoria delle condotte tenute da entrambe nei confronti dei disabili visivi accompagnati dai loro cani guida. Il diritto «con l’accompagnamento del proprio cane è garantito al non vedente da norma di rango primario (la legge 14 febbraio 1974, n. 37)», ha ribadito la Cassazione spiegando che è quindi motivata la disapplicazione delle prescrizioni del decreto ministeriale 18 settembre 1975, ovvero le “Norme tecniche di sicurezza per la costruzione e l’esercizio delle scale mobili in servizio pubblico”. La Suprema corte ha anche condannato Comune e Bellunum in solido al pagamento delle spese ai non vedenti (1.800 per compensi, oltre alle spese forfetarie). I legali dei non vedenti spiegano: «La sentenza della Suprema Corte, insieme a quella della Corte d’Appello di Venezia del 2020 oggi divenuta definitiva, rappresentano la pietra angolare per la tutela delle persone disabili vittime di discriminazione» e parlano del «primo precedente della Corte in materia di tutela giurisdizionale delle persone disabili vittime di discriminazione». «Una sentenza importante ed assoluta che farà scuola – spiega l’avvocatessa Chiara Frare -. Non si tratta di un caso di barriere architettoniche, per il quale la Cassazione si era già espressa nel recente passato».

Ultimo aggiornamento: 17:06 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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