Corbanese resta a Belluno: «Dolomiti, un progetto che mi affascina»

Venerdì 9 Luglio 2021 di Alessandro De Bon
L'attaccante e bandiera del Belluno Simone Corbanese

BELLUNO - A ‘sto giro ci ha pensato sul serio: sparito il Belluno posso sparire anch’io. Poi, di nuovo, ha vinto casa; ha vinto il progetto Dolomiti Bellunesi, ha vinto quel che «è il meglio per me, ora».
Così, dopo una settimana di dubbi e timori (nostrani), Simone Corbanese ha firmato. «Se ho titubato? Sì.

Solo dopo l’anno dei playout sono stato altrettanto in dubbio. Due stagioni fa, quella chiusa con Diego Zanin in panca; era stata estenuante, avevo la testa piena e ci pensai seriamente». 

Questa volta la stagione era andata benissimo. Ma spariva il Belluno… 

«Niente ipocrisie, sparendo il Belluno ci ho pensato seriamente se non fosse l’anno giusto per cambiare. Chiunque sa cosa volesse dire per me il Belluno, quei colori. Più degli altri anni ho preso in considerazione le proposte che mi sono arrivate, alcune davvero interessanti sotto tutti i punti di vista, anche in termini di progettualità. Ci ho pensato, ho valutato e poi ho preso la mia decisione, pensando a cosa fosse il meglio per me. E il meglio è questo, la Dolomiti Bellunesi. Per me ogni cambiamento corrisponde a entusiasmo, possibilità, crescita. Starà a noi dimostrare che questo progetto può fare le cose in grande». 

Cosa ti ha convinto a restare?

«Vari fattori, tra cui mister Lauria e il suo staff. Prima di tutto però il progetto. All’inizio, ripeto, ero scettico. Far sparire il Belluno… perché? Me lo avessero detto due mesi fa avrei risposto ridendo. Poi ho ascoltato idee e progetti, e ho capito». 

Cosa? 

«Andando a fondo, ascoltando, ho capito che più che assurdo era interessante. Molto interessante. Chiaro, ci vogliono spirito, lucidità e positività, da parte di tutti».

A alla serie C ci pensi? 

«Certo. Credo di essere l’ultimo rimasto di quella di 16 anni fa, benché fossi giovanissimo e feci solo tre presenze. L’idea di tornarci, di esserci ancora, è tanta roba. Ma ci vorrà del tempo, senza fretta. Chiaro, non voglio nemmeno pensare di dover giocare per salvarmi, ora bisogna avere ambizione, ma credo che il primo anno debba essere di assestamento, per tutti. Sarà tutto nuovo e la cosa più importante da portare a casa sarà l’organizzazione. Noi, in campo, dovremo dare tutto, formando un gruppo che sappia essere la migliore espressione della provincia di Belluno, e che sappia dire la sua contro chiunque».

Passiamo alle note e dolenti: il Cobra senza Bertagno e Masoch. 

«Bertagno è mio fratello e spero di ritrovarlo in società. Non lo dico da amico, ma da persona che sa cosa potrebbe dare. Poi lo ammetto, quando all’ultima in casa con il Delta è uscito dal campo lasciandomi la fascia da capitano un pezzo di me è uscito con lui… Riguardo a Yari quando un amico ci rimane male, molto, non puoi che soffrirne ed essere dispiaciuto». 

Ai tifosi cosa dici? 

«Che sono liberi di provare e dire ciò che sentono, di avere dubbi e nostalgie; starà a noi dimostrare, tutti insieme, che questo potrà essere il progetto di tutti, per fare le cose in grande e per bene. Se penso che tra cinque anni potremo andare al polisportivo a vedere la Dolomiti in Serie C, contro Triestina, Feralpi o società di questo tipo… perché no?».

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