Strage di Santo Stefano, Angelika Hutter a processo: «In quel momento la sua capacità di intendere e volere era gravemente scemata»

Venerdì 15 Marzo 2024 di Olivia Bonetti
Strage di Santo Stefano, Angelika Hutter a processo: «In quel momento la sua capacità di intendere e volere era gravemente scemata»

BELLUNO - Capelli biondo cenere, maglioncino grigio: si è presentata così oggi in aula al tribunale di Belluno Angelika Hutter, la 32enne tedesca accusata del triplice omicidio stradale del piccolo Mattia, di papà Marco Antionello e della nonna materna Maria Grazia Zuin. Vennero falciati sul marciapiede il 6 luglio scorso mentre erano in vacanza a Santo Stefano. Da quel giorno la conducente tedesca della Audi che li ha travolti è in cella. Oggi ha presenziato accanto al suo avvocato Giuseppe Triolo all'incidente probatorio in cui hanno parlato i consulenti. Otto in tutto in aula. Il collegio peritale del giudice ha concluso per una capacità di intendere e volere della Hutter gravemente scemata al momento del fatto.

Una tesi sostenuta anche dal consulente del pm. Sarebbe totale invece, e quindi non imputabile, per la difesa.

Angelika Hutter presentava una "seminfermità mentale" al momento del fatto, ma la capacità di sostenere il giudizio a suo carico è confermata, con "elevato grado di pericolosità sociale". Lo ha stabilito il pool di consulenti nominati dal Gip di Belluno Enrica Marson.

I congiunti del piccolo Mattia Antoniello, del papà Marco e della nonna materna Maria Grazia Zuin «non hanno accolto negativamente le conclusioni esposte nell’udienza tenutasi oggi» spiegano i loro avvocati dello studio 3A. 

«Questa valutazione psichiatrica - proseguono i familiari - non fa altro che confermare la pericolosità sociale di questa persona, che dovrà comunque sostenere il giudizio per i gravissimi reati che ha commesso ma, qualsiasi sia la pena che le sarà inflitta, andrà costantemente seguita e curata anche dopo per tutelare la collettività e per evitare che si ripetano tragedie come quella che ci ha colpiti».

«Il vero dramma dell’omicidio stradale è che le famiglie delle vittime alla fine si sentono come abbandonate dalla giustizia e dalle istituzioni, che pure dovrebbero salvaguardarle, perché la perdita del proprio caro equivale a scontare una condanna a vita ma dall’altra parte il o i responsabili molto raramente fanno anche solo qualche giorno di carcere» aggiunge l'avvocato Riccardo Vizzi, di Studio3A.

Ultimo aggiornamento: 16 Marzo, 15:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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