Le morti sul lavoro non sono in aumento, ma la sicurezza continua ad essere considerata un costo, non un investimento

Sabato 18 Novembre 2023
Le morti sul lavoro non sono in aumento, ma la sicurezza continua ad essere considerata un costo, non un investimento

Egregio direttore,

una strage silenziosa che non ha fine: sono già 657 i morti sul lavoro secondo i dati comunicati dall'Inail ad ottobre, una cifra sconsolante che dovrebbe richiamare tutti, in primis il governo ad una attenzione speciale. Alla cifra va aggiunta la povera Anila Grishaj, 26 anni di origine albanese, stritolata da un macchinario nell'azienda di Pieve di Soligo in cui lavorava. Chissà se il ministro del lavoro, che fu pure presidente dell'Ordine dei Consulenti del lavoro, Maria Elvira Calderone ha qualcosa da dire a proposito, al di fuori di qualche parola di circostanza. Intanto lo Spisal è ridotto ai minimi termini, i responsabili della sicurezza in azienda sono solo figure pro-forma e su tutto a comandare è il profitto, non quello virtuoso che genera benessere per tutti, ma quello squallido del dio Denaro che arricchisce il singolo ed impoverisce l'intera comunità. Non c'è futuro per nessuno in queste condizioni, è bene rendersene conto subito.


Vittore Trabucco
Treviso


Caro lettore,
di tutte le morti possibili quelle che avvengono sui posti di lavoro, qualunque sia la loro causa, sono fra le più difficili da accettare e da comprendere razionalmente.

Quando poi la dinamica di questi incidenti fa emergere dettagli particolarmente orribili e raccapriccianti, come nel caso della giovane Anila Grishaj, l'indignazione e la rabbia per ciò che è accaduto e soprattutto per ciò che non si è riusciti ad evitare che accadesse, risultano ancora più forti. Ma non è alimentando polemiche politiche partigiane o attribuendo generiche responsabilità al Dio profitto o al Dio denaro, che si porrà fine o almeno si ridurrà questa inaccettabile sequenza di morti. Ancora una volta è bene partire dai fatti. E dai numeri. Che, per esempio, ci dicono una cosa: non è vero che le morti sul lavoro in Italia siano sempre di più. È il contrario: nei primi 8 mesi del 2023 sono state 657 contro le 677 dell'anno precedente e nel 2022 rispetto all'anno precedente sono diminuite del 15,2%. Sono dati importanti, ma di cui c'è ben poco di cui rallegrarsi: le vittime sul lavoro restano comunque tantissime e resta anche la certezza, documentata dalle indagini, che all'origine di numerosi gravi incidenti non ci siano sempre solo il caso o la fatalità. Ma spesso responsabilità umane, incuria, inadeguate misure di sicurezza. E arretratezza culturale. Perché la sicurezza sui posti di lavoro non andrebbe considerata un costo ma un investimento. Che può contribuire non solo a ridurre il numero di infortuni e a salvare vite umane, ma portare anche vantaggi economici. Illuminante da questo punto di vista è un recente studio che ha misurato i costi diretti e indiretti degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali e la loro incidenza sul Prodotto interno lordo di alcuni paesi europei. In Italia sarebbe pari al 6,3% del Pil. Ma in Germania si fermerebbe invece del 3,5%. Una differenza rilevante, che ci fa capire quanto ci sia ancora da fare e quanto si può fare per rendere più sicuri i posti di lavoro.

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