Caro direttore,
ho letto e sentito parecchi commenti sulle recenti elezioni spagnole e il loro esito incerto. Tuttavia mi sembra che nessun commentatore si sia spinto sino a chiarire quale sia il punto chiave "dell'empasse iberica". Il mai sufficientemente compianto professor Sartori diceva che non si "fa politica per la legge elettorale ma con (una buona) la legge elettorale". Le norme elettorali spagnole, proporzionale con una sbarramento bassisimo, spesso impediscono a chi arriva primo alle elezioni di avere in Parlamento un numero sufficiente di seggi per governare costringendolo a estenuanti accordi post-elettorali o, addirittura, a finire all'opposizione surclassato dalle altre forze coalizzate: una soluzione legalmente corretta ma democraticamente discutibile. Questo perché si tratta di una legge pensata per una società omogenea tendenzialmente bipartitica che, almeno in Occidente, non esiste più. Per rispettare la volontà popolare serve una soluzione elettorale maggioritaria come quella che vige nei Paesi anglosassoni o, con le dovute proporzioni, nei regolamenti elettorali delle nostre Regioni e dei nostri Comuni. Singolare che, ancor oggi, vi siano forze politiche che insistano nel proporre pervicacemente una soluzione integralmente proporzionale anche per le elezioni politiche italiane. Che siano veramente convinte che sia il sistema elettorale più democratico o semplicemente immaginano di non riuscire ad arrivare primi alle prossime elezioni generali?
Lorenzo Martini
Stanghella (Padova)
Caro lettore,
condivido la sua analisi.