L'elezione del presidente della Repubblica, i peones e i parlamentari pronti a tutto (pur di finire la legislatura)

Mercoledì 10 Novembre 2021
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Caro Direttore,
ci si avvia all'elezione del nuovo Capo dello Stato che, in un Paese come il nostro ruota più che altro attorno alla questione del dopo, perché l'unico interesse in molti deputati e senatori i così detti peones preoccupati che la legislatura duri fino al 2023 per poter stare comodamente seduti sulla poltrona percependo un elevato stipendio e maturare il vitalizio. Gente che voterebbe la fiducia a qualunque cosa pur di rimanere aggrappata allo scranno. Il timore per molti di questi emeriti poltronisti senza arte ne parte è di andare a casa e tornare alla vita di prima, dovendo magari chiedere il reddito di cittadinanza. Pensare che molti di loro sono stati gli sbandieratori della riduzione del numero dei parlamentari. Bel modo di curare gli interessi del Bel Paese e dei Cittadini Italiani.


C.B.Belluno


Caro lettore,
i cosiddetti peones sono quei parlamentari che, non avendo né un ruolo né un incarico di qualche rilievo, si riducono a votare quello che decide il partito e il gruppo parlamentare.

Esattamente come i veri peones, lavoratori a giornata privi di ogni diritto assoldati in passato dai grandi proprietari terrieri sudamericani, che non avevano alcuna voce in capitolo e si limitavano a eseguire a testa bassa gli ordini dei capi-bastone. Ma la nutrita truppa di deputati e senatori oggi ansiosi di concludere la legislatura il più tardi possibile per ottenere il diritto al vitalizio e prolungare la loro lautamente pagata carriera parlamentare, non appartiene neppure alla categoria dei peones. Questi ultimi hanno da sempre una funzione nel Parlamento: sono i soldatini della politica che applicano e votano disciplinatamente le direttive di partito senza discuterle. I deputati e senatori a cui lei fa riferimento sono invece truppe allo sbando, spesso senza alcun riferimento politico o ideale, che non sia l'interesse personale e la speranza di potersi fregiare quanto più a lungo possibile dell'etichetta di onorevole. Naturalmente quando sono arrivati a Montecitorio o a Palazzo Madama la gran parte di costoro era armata (a parole) di ben altre intenzioni e guardava con disprezzo i privilegi di cui godevano i loro nuovi colleghi. Li avrebbero spazzati via, promettevano. Poi, neppure tanto lentamente, si sono adeguati e adagiati comodamente tra benefit e strapuntini e l'idea di dover tornare alla vita normale -, economicamente e non solo assai più grigia per molti di loro - non riescono proprio a sopportarla. E per questo, quando si tratterà nei prossimi mesi, di scegliere il nuovo Presidente della Repubblica la loro primaria, se non unica, preoccupazione sarà di accettarsi che la nomina della più alta carica dello Stato non coincida con lo scioglimento anticipato delle Camere. Tutto il resto - nome, forza politica di appartenenza, uomo o donna - conta meno di zero. Già, ma c'è un piccolo dettaglio che non dobbiamo dimenticare: questi deputati e senatori non sono piovuti da Marte. Li hanno eletti, cioè scelti, gli italiani.

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