Egregio direttore,
con tutto il rispetto dovuto alla Lingua veneta, ritengo opportuno avanzare alcune riserve sul progetto di imporne l'insegnamento nelle scuole. Si parla tanto di integrazione degli immigrati; non si pensa alle difficoltà che incontrerebbero i loro figli, già alle prese con l'apprendimento della lingua italiana, se dovessero imparare anche il veneto? Ma non è tutto: se tutte le Regioni applicassero tale norma, come potrebbero venirne a capo i figli dei militari o di altre categorie di pubblici dipendenti soggetti a frequenti trasferimenti d'autorità? Fra tutti i numerosi grossi problemi che devono affrontare gli italiani di questi tempi, non credo che l'insegnamento obbligatorio nelle scuole dei dialetti o lingue locali che siano, possa trovare spazio fra le priorità dell'agenda politica. Senza contare che la conoscenza della lingua italiana e delle sue complicate regole grammaticali e sintattiche produce numerose vittime inconsapevoli, perfino fra i laureati.
Bruno Di Fabio
Venezia
Caro lettore,
i dialetti e le lingue locali sono un patrimonio, una ricchezza da difendere e tutelare. Devono restare materia viva e mezzo di comunicazione. Ma perché ciò accada non è necessario imporne l'insegnamento nelle scuole. I nostri ragazzi devono fare i conti con percorsi formativi e di apprendimento già abbastanza complessi e articolati. Non carichiamoli di altri doveri. Forse la strada migliore è quella di istituire, laddove un numero sufficiente di famiglie lo richieda, corsi facoltativi di lingua locale. Un'opportunità e insieme una scelta di libertà. Al di fuori di ogni propaganda politica.
© RIPRODUZIONE RISERVATA con tutto il rispetto dovuto alla Lingua veneta, ritengo opportuno avanzare alcune riserve sul progetto di imporne l'insegnamento nelle scuole. Si parla tanto di integrazione degli immigrati; non si pensa alle difficoltà che incontrerebbero i loro figli, già alle prese con l'apprendimento della lingua italiana, se dovessero imparare anche il veneto? Ma non è tutto: se tutte le Regioni applicassero tale norma, come potrebbero venirne a capo i figli dei militari o di altre categorie di pubblici dipendenti soggetti a frequenti trasferimenti d'autorità? Fra tutti i numerosi grossi problemi che devono affrontare gli italiani di questi tempi, non credo che l'insegnamento obbligatorio nelle scuole dei dialetti o lingue locali che siano, possa trovare spazio fra le priorità dell'agenda politica. Senza contare che la conoscenza della lingua italiana e delle sue complicate regole grammaticali e sintattiche produce numerose vittime inconsapevoli, perfino fra i laureati.
Bruno Di Fabio
Venezia
Caro lettore,
i dialetti e le lingue locali sono un patrimonio, una ricchezza da difendere e tutelare. Devono restare materia viva e mezzo di comunicazione. Ma perché ciò accada non è necessario imporne l'insegnamento nelle scuole. I nostri ragazzi devono fare i conti con percorsi formativi e di apprendimento già abbastanza complessi e articolati. Non carichiamoli di altri doveri. Forse la strada migliore è quella di istituire, laddove un numero sufficiente di famiglie lo richieda, corsi facoltativi di lingua locale. Un'opportunità e insieme una scelta di libertà. Al di fuori di ogni propaganda politica.
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