Caro direttore,
ho seguito le polemiche sull'opposizione giudiziaria scaturite dall'intervista rilasciata dal ministro Crosetto. Penso che in un altro Paese dell'Unione Europea un membro dell'esecutivo non avrebbe mai rilasciato dichiarazioni del tenore di quelle di Crosetto.
Se vi fossero stati elementi consistenti (sulla base delle dichiarazioni rese pare di no) non lo si dice certo a una giornalista nel corso di un'intervista, ma ci si rivolge alla Procura della Repubblica.
Giuseppe Barbanti
Caro lettore,
lei ha ragione. Ma in nessun altro Paese europeo nei rapporti tra giustizia e politica è successo ciò che è accaduto in questi ultimi decenni in Italia; in nessuna altra nazione europea pezzi di magistratura si sono sostituiti ai partiti attribuendosi un ruolo "salvifico" che nessuno, e non gli elettori certamente, aveva assegnato loro; in nessun altro sistema giudiziario è stato fatto un uso quasi scientifico e assolutamente politico dell'avviso di garanzia come strumento per colpire gli avversari. Il ministro Crosetto non è un pasdaran né uno sprovveduto. In quella intervista ha certamente fatto affermazioni forti e impegnative. Persino imprudenti a una prima lettura. Credo che se avesse avuto elementi concreti il ministro si sarebbe rivolto anche a una Procura della Repubblica, come peraltro ha fatto già nel recente passato. Ma la sua intervista non voleva essere una denuncia penale o civile, ma politica. Segnalava non un possibile reato, ma piuttosto una preoccupazione sostenuta probabilmente dal fatto che una parte dell'opposizione non sembra aver ancora accettato l'esito delle elezioni.
Se i fatti gli daranno o meno ragione, se i suoi timori si riveleranno infondati o invece assai vicini alla realtà, lo scopriremo solo nei prossimi mesi.