Sentenza di condanna, Raffaele: «Sono annichilito»

Giovedì 30 Gennaio 2014
Sentenza di condanna, Raffaele: «Sono annichilito»
Raffaele Sollecito ha saputo dalla tv di essere stato di nuovo condannato per l'omicidio di Meredith Kercher. Ed rimasto annichilito, incredulo, come lo hanno descritto i suoi difensori Giulia Bongiorno e Luca Maori. Una sentenza che ha raggiunto l'ingegnere informatico pugliese (a fine marzo prenderà la specialistica) quando era probabilmente già tornato a casa, in Puglia. Dopo avere passato la mattina nell'aula della Corte d'assise d'appello di Firenze.



Sollecito è arrivato a palazzo di giustizia poco prima delle 9. Cappotto blu scuro su un maglioncino viola. Con gli occhiali da sole appesi alla scollatura nonostante la pioggia senza tregua di oggi su Firenze. Ad accompagnarlo come sempre il padre Francesco. Con loro tutto il resto della famiglia, la compagna del medico pugliese (la moglie e madre di Raffaele è morta diversi anni fa), lo zio e la moglie. Il giovane è sembrato apparentemente sereno. Lasciandosi andare anche a qualche sorriso che non è riuscito comunque a nascondere del tutto la tensione. Raffaele si è seduto sui banchi della difesa, alle spalle dell'avvocato Luca Maori, uno dei suoi difensori, e con accanto il padre. Ha seguito con attenzione le repliche dei difensori di Amanda Knox e, contrariamente a quanto fatto nei processi di Perugia, non ha preso la parola per proclamare la sua innocenza con una dichiarazione spontanea prima che la Corte si ritirasse in camera di consiglio.



Prima di uscire dall'aula, Raffaele ha incrociato lo sguardo di Patrick Lumumba, il musicista congolese coinvolto nell'indagine dalle dichiarazioni alla polizia di Amanda Knox e poi prosciolto perchè risultato totalmente estraneo all'omicidio. Gli ha stretto la mano e tra i due c'è stato uno scambio di sorrisi. Poi via, lontano dall'aula, in attesa della sentenza. Sollecito ha salutato i giornalisti con un «ci vediamo dopo» e annunciando, in quel momento, la sua presenza alla lettura del dispositivo. Nel corso del lungo pomeriggio è però maturata la decisione di non tornare in aula per la sentenza. «Non ce la facciamo» ha confessato il padre Francesco. «È troppo stressato» ha spiegato uno dei suoi difensori, l'avvocato Luca Maori.



Dall'altra parte dell'oceano Amanda. A Seattle, chiusa in casa con la madre. La giovane americana, stanca e preoccupata ha spento la televisione ed è rimasta in contatto con i suoi difensori, gli avvocati Luciano Ghirga e Carlo Dalla Vedova. In particolare a quest'ultimo ha chiesto informazioni via sms sugli sviluppi della lunga giornata. Sul significato di ogni rinvio, per capire se potesse essere favorevole alla sua difesa. Poi la sentenza ha spazzato via ogni dubbio dei due ex fidanzati. Condannati, assolti e ora di nuovo condannati per un omicidio al quale si sono sempre proclamati estranei.
Ultimo aggiornamento: 23:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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