Primo due volte.
Le indagini per sospetta epidemia colposa
L'indagine è nata quando il codognese è stato sentito per cercare di trovare il più velocemente possibile il paziente zero, cioè colui il quale gli aveva trasmesso il covid, in modo da limitare al massimo i contagi. Ma Maestri sarebbe stato ritenuto, in un primo momento, reticente. Per gli inquirenti, poteva aver incontrato persone cinesi nel periodo precedente la contrazione della malattia, contatti di cui, però, non avrebbe parlato anzitutto con i sanitari. «Poi, invece, nel prosieguo della pandemia - ha spiegato Chiaro - si è scoperto che il virus circolava già da mesi e che, solo per caso, è stato diagnosticato il primo caso a Codogno».
Maestri, comunque, una volta indagato, è stato convocato dalla polizia giudiziaria con il proprio avvocato, e si sarebbe avvalso della facoltà di non rispondere. A questo punto, però, la Procura aveva comunque concluso, analizzando tutte le informazioni a disposizione, che non si erano ravvisati reati. Da qui il passaggio del fascicolo al gip con la richiesta di archiviazione, che è stata accolta in questi giorni e senza opposizioni. È stato, dunque, riconosciuto che Maestri non risulta aver violato nessuna norma.
Qualche giorno prima rispetto al fatidico 20 febbraio 2020, l'uomo si era presentato al pronto soccorso dell'ospedale di Codogno con la febbre e gli era stata diagnosticata una leggera polmonite, curabile a casa. Le sue condizioni, però, erano peggiorate. Così era tornato nello stesso nosocomio dove, data la gravità dei sintomi, era stato ricoverato d'urgenza. Qui l'anestesista Annalisa Malara, insieme con la dottoressa Laura Ricevuti, avevano avuto l'intuizione di fargli il tampone per il covid-19, avendo conferma del primo contagio registrato in Italia, notizia che, la mattina dopo, fece il giro del mondo, aprendo la tragedia della pandemia nel nostro Paese.