Salva-Stati, rissa alla Camera: il governo fa muro e scoppia la bagarre

Giovedì 28 Novembre 2019 di Andrea Bassi e Marco Conti
Salva-Stati, rissa alla Camera: il governo fa muro e scoppia la bagarre
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Rissa alla Camera sulla riforma del Fondo Salva-Stati proprio nel giorno in cui si apprende che la questione potrebbe non essere affrontata né il 4 dicembre, né al Consiglio europeo del 12. Almeno è quello che spera Luigi Di Maio che, sempre più in affanno nel Movimento, fa asse con il presidente del Consiglio affinché provi a spuntare uno slittamento della questione. Il parapiglia si scatena nel tardo pomeriggio nell'aula di Montecitorio: da una parte un gruppo di deputati di Lega e Fratelli d'Italia, dall'altra quelli del Pd. Spintoni, urla, lacrime e una sedia sfasciata. Oggetto del contendere il Meccanismo europeo di stabilità, ovvero il Fondo Salva-Stati, che dopo mesi di negoziati sembra essere ad un passo dal traguardo.
A infiammare gli animi delle opposizioni è l'audizione del ministro dell'Economia Roberto Gualtieri davanti alla commissione Finanze del Senato e in particolare questa considerazione: «Se chiedete se è possibile riaprire il negoziato, vi dico che secondo me no, il testo del Trattato è chiuso». Quando le agenzie battono queste dichiarazioni il clima nell'emiciclo di Montecitorio, dove si sta discutendo il decreto terremoto, comincia a scaldarsi. Il leghista Claudio Borghi accusa il governo e in particolare Giuseppe Conte di aver dato l'assenso a un testo che è diventato inemendabile: «Il Parlamento non può discuterlo, il premier venga a riferire in aula e se non verrà lo porteremo in tribunale perché c'è stata un'infedeltà in affari di stato». La richiesta viene avanzata anche da Giorgia Meloni, leader di FdI: «Se gli italiani sono chiamati a salvare le banche tedesche, il Parlamento deve poterne discutere».
 
Gualtieri: preoccupazioni su riforma MES del tutto infondate
 


IL PARAPIGLIA
A questo punto dai banchi del Pd prende la parola Piero De Luca, che accusa la Lega di aver sottoscritto, nel giugno 2019, l'intesa per la riforma del Mes. L'atmosfera si fa incandescente e un gruppo di deputati di Lega e FdI, al grido di «venduti, venduti!», si avventa verso il centro dell'emiciclo per affrontare i dem: scoppia la bagarre e il presidente Roberto Fico sospende la seduta. Mossa che serve a poco perché durante la sospensione, proprio sotto i banchi della presidenza, il parapiglia coinvolge una trentina di deputati: Giorgio Mulè (FI), intervenuto per sedare la rissa, esce dall'aula con un polso slogato, Rossella Muroni (LeU) se ne va in lacrime («troppa violenza»).
Il tutto avviene mentre due scolaresche assistono dalle tribune degli ospiti. Alla ripresa Fico assicura che il governo verrà «a riferire in aula a brevissimo», forse già oggi. Il tema è molto delicato e la stessa maggioranza non è compatta. Il leader M5S Luigi Di Maio ribadisce che sul Mes «ci sono perplessità anche nei 5Stelle» e chiede una valutazione complessiva del pacchetto. I grillini, insomma, non sono convinti e aspettano: l'assembla congiunta dei gruppi parlamentari prevista ieri sera per discutere proprio di Mes è stata rinviata. Gualtieri in serata aveva provato a chiarire, spiegando che il testo non è chiuso, anche se da un punto di vista politico non ci sono spazi per cambiamenti. Il Mes dovrà essere firmato dai capi di Stato e poi ratificato dai Parlamenti, che dunque avranno un ruolo fondamentale. Gualtieri già in Senato aveva fatto il possibile per gettare acqua sul fuoco. Anche con qualche scivolone. Come quando ha definito «comico» il dibattito che si è sviluppato in Italia attorno al fondo salva Stati. Un'affermazione per la quale ha poi chiesto scusa. Ma secondo il ministro dell'Economia, l'Italia con il nuovo trattato ha ottenuto un buon risultato. Il trattato, ha detto, «è cambiato in meglio». È del tutto «falso» - ha detto - che ci sia una stretta ai criteri per la concessione dei salvataggi. Quanto al criterio di sostenibilità del debito, «devo annunciarvi che c'era ed è rimasto», ha spiegato ai parlamentari dell'opposizione: «non cambia una virgola». Falso anche che la riforma, prima di passare al Consiglio Ue e nei prossimi mesi ai parlamenti nazionali, tolga poteri alla Commissione, considerata più «morbida e politica», per assegnarli a un organismo tecnico come il Mes. Lo avrebbero voluto i tedeschi, l'Italia con altri ha resistito e prevalso.
A. Bas.
M. Con.
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Ultimo aggiornamento: 15 Aprile, 02:23 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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