Salva-Stati, torna l'asse Di Maio-Conte: M5S punta sul rinvio nella Ue

Giovedì 28 Novembre 2019 di Marco Conti
Salva-Stati, torna l'asse Di Maio-Conte: M5S punta sul rinvio nella Ue

«Continuano a mettere zeppe in ogni cosa. Non saprei qual è l'obiettivo. C'è chi dice lo facciano per sottolineare la loro identità, e chi pensa si preparino a tornare con Salvini». Il dubbio del ministro Dem è lo stesso che assedia da qualche settimana molti parlamentari del Pd.

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IN QUOTA
L'ultima zeppa arriva direttamente da Strasburgo e in qualche modo si lega al problema della riforma del fondo salva stati divenuto oggetto di una denuncia sovranista che convince i grillini. A Strasburgo ieri mattina il gruppo M5S si è spaccato, e quattro dei quattordici eurodeputati non hanno votato la Commissione von der Leyen. Decisivi quattro mesi fa per far passare la candidatura della tedesca, molto sponsorizzata da Giuseppe Conte. Irrilevanti ieri a Strasburgo. Inquietanti a Roma per quella continua marcatura movimentista che sta seriamente innervosendo l'alleato di governo.
Intervistato da Skytg24, Fabio Massimo Castaldo, vicepresidente del Parlamento in quota M5S, non è stato tenero nei confronti dei suoi colleghi che accusa di non aver rispettato le indicazioni che il gruppo aveva preso la sera a maggioranza. Resta però il fatto che Luigi Di Maio ha subito coperto i dissenzienti facendo sapere che era stato informato e che nei confronti dei quattro non verranno assunti provvedimenti. E così il precedente è pronto per essere utilizzato in Patria. Le occasioni di un voto «in dissenso» non mancheranno perché mentre i sondaggi fanno precipitare il Movimento, i dubbi grillini aumentano e quelli sulla Commissione di Ursula molto somigliano ai dubbi di molti 5S sul governo Giuseppi. Basta leggere i post sui social di Corrao e Pedicini, due dei dissenzienti, per comprendere quale sia il nemico. Non la Lega, ma il Pd è in testa alle accuse, con affondi pesanti nei confronti del neo commissario Paolo Gentiloni che a primavera dovrà esprimere un giudizio anche sui conti pubblici italiani. Malgrado il tentativo di rimanere in mezzo, perché «noi non siamo né di destra né di sinistra» come va ripetendo Luigi Di Maio, la conversione europeista del M5S si è fermata in mezzo al guado, o è stata «un'illusione», come sostiene Benedetto Della Vedova, segretario di +Europa.



Fatto sta che a Strasburgo parte dei grillini sostengono le tesi euroscettiche di Identità e democrazia dove la Lega è guidata dall'ex grillino Marco Zanni. Ma le sirene del corteggiamento salviniano si scorgono meglio nei palazzi romani. «Di Maio è innamorato di Salvini, e lui lo sa», ebbe a sostenere sere fa, a cena con amici, l'ex sottosegretario alla presidenza del Conte1 Giancarlo Giorgetti. Ed in effetti il leader del Carroccio non perde occasione per sfidare il suo ondivago alleato: «Voglio guardarli in faccia quando voteranno il Mes». Sulla riforma del salva stati, concordata a Bruxelles dal precedente esecutivo M5S-Lega, i grillini cercano di non smentire il lavoro fatto da Conte e Tria e, al tempo stesso, non perdere il contatto con quella fetta di elettorato popul-sovranista finito nella Lega. Da ministro degli Esteri, oltre che partner di maggioranza, Di Maio non può però permettersi strappi con palazzo Chigi. E così spera che il premier riesca a guadagnare tempo. Una sorta di informale richiesta di rinvio, rispetto agli appuntamenti di dicembre, che finirebbe sul tavolo del neo commissario Paolo Gentiloni che così avrebbe da affrontare la prima grana posta dal suo Paese. L'alternativa potrebbe essere un ordine del giorno, da votare il giorno dell'informativa del presidente del Consiglio, nel quale ribadire che deve essere al più presto implementato il famoso «pacchetto» di riforme chiesto dal Conte. A cominciare dalla garanzia unica sui depositi bancari. L'abbraccio di Di Maio con Beppe Grillo di pochi giorni fa non ha sortito l'effetto sperato dai Dem che iniziano a pensare che sia «meglio finirla qui» perché «altrimenti, finiamo col «sacrificare tutto al senso di responsabilità».

IL BANCO
In attesa del via libera alla manovra, al Nazareno si affilano i coltelli in vista di quel chiarimento invocato un po' da tutti e che dovrebbe prendere la forma di un contratto o di un'agenda. Ammesso che si trovi una via d'uscita sulla riforma del Fondo Salva stati, una spinta verso una resa dei conti dall'esito incerto, potrebbe darla l'intesa sulla legge elettorale che verrà depositata a metà dicembre in Commissione, anche se resta in molti la tentazione di far saltare il banco a primavera e tornare a votare per eleggere il Parlamento prima che entri in vigore il taglio dei parlamentari.
 

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